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UNA
VECCHIA STAMPA DI MANIERA
Ho
buona memoria, sempre avuta. A due anni ho imparato una filastrocca lunghissima
da ripetere davanti al presepe; ma non pensavo a questo fuori dalla porta del
bagno, in piedi davanti al quadro.
È una vecchia stampa, ingenua
e di maniera, che quasi commuove per il piacere manifesto che dovette provare
l’ignoto incisore nel far preciso tutto ciò che ci poteva entrare… questo esattamente pensavo.
C’è
stato un grido e un tonfo. Poi strilli e risate.
Vengono
dalla piscina.
Nel
corridoio della villa in cui mi trovo, di qua e di là del muro su cui è affisso
il quadro, ci sono due luminose portefinestre. Il sole di agosto usa i riquadri
di vetro per accecarmi. Mi porto il palmo della mano sulla fronte e guardo
fuori. Dall’acqua affiora una ragazza, ho sentito che si chiama Pamela, è
un’amica della festeggiata. Si passa una mano sulla faccia grondante e allunga il
braccio. Mostra il medio teso a quello che l’ha spinta in acqua. Lui è la
versione rimpicciolita di Arnold Schwarzenegger, senza fucilone a raggi laser
ma con bicipiti, pettorali e tartaruga al posto giusto. Tatuaggi dappertutto. Pamela
si mette a ridere e tende la mano per farsi aiutare ad uscire. Anche mini
Schwarzenegger ride, si accovaccia sul bordo, si protende per aiutarla a venir
fuori dall’acqua. Tutti gli altri li fissano, sorridono, in attesa. Pensano che
lei lo trascinerà in acqua a sua volta, ma non succede. Forse anche lui se lo
aspetta e sta in guardia. Lei si siede sul bordo della piscina con i piedi ancora
in acqua, poi si alza e lui l’abbraccia, mentre gli altri tornano a sorseggiare
dalle cannucce, ad aspirare boccate dalle sigarette e dagli spinelli e a
riprendere i discorsi di prima.
«Ti
piace?»
Ha
gli occhi verdi, grandi. Riempiono il campo visivo come quelli della ragazza
afgana fotografata da Steve McCurry. Non l’ho sentita arrivare e non mi era
stata presentata. Forse è venuta dopo.
Indica
il quadro.
«Sì,»
le dico, semplicemente, perché sul momento mi trovo spiazzato e non so cosa
aggiungere.
«Ho
notato che lo fissavi… eri pensieroso.»
«Stavi
qui?»
Mi
guardo attorno, nel breve corridoio.
Come
ho potuto non accorgermi?
Lei
tende la mano verso il dipinto. Una stampa, in verità, forse di fine ‘800,
dietro al vetro in una cornice pretenziosa, dorata e con fregi in rilievo.
Rappresenta due figure, un uomo e una donna, giovani, in una strada costeggiata
da casette paesane, con le scale esterne, i muri scrostati, i gerani sui
davanzali. I due indossano abiti d’epoca. Pantaloni annodati alla caviglia e un
gilè, lui, lei una gonna lunga e un corpetto con i volant. L’uomo è sulla
sinistra, frontale rispetto all’osservatore, ma la testa è girata verso la
ragazza. Ha un’espressione interrogativa. Lei è di spalle, lo ha già superato, va
verso il fondo di quella stradina altrimenti deserta, si allontana. Deve aver
aspettato a voltarsi, di proposito, però adesso lo fissa con civetteria. I
capelli scendono di lato lasciando scoperto il viso, ha il mento quasi adagiato
sulla spalla, che la scollatura mostra nuda. Lo guarda maliziosa. Forse c’è un invito
nascosto in quello sguardo.
«Mi
ripetevo le parole di un racconto di Pirandello,» rispondo
«Conosci
Pirandello a memoria?»
Sento
le orecchie prendere fuoco.
«Certo
che no. L’ho letto ieri! Le novelle per un anno, la filosofia dell’uno, nessuno
e centomila, il teatro, la maschera…»
«Va
bene, va bene, ho capito. Anche io studio, ma non è che ricordo tutto a
memoria.»
Mi
fa sentire uno scemo. Forse resto in silenzio troppo a lungo, forse lei vuole
sdrammatizzare. Comunque aggiunge: «Va’ avanti, mi interessa».
Il seguito? Appena lo pubblico vi informo tramite social, intanto leggete qualcos'altro, non manca da leggere, qui.
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