domenica 21 maggio 2023

Breve indagine internazionale - Racconto

 



Breve indagine internazionale

 

 

 

 

 

Racconto


 

 

 

 

 

Copyright © 2023 Romano Greco

Tutti i diritti riservati.

 

I personaggi e gli eventi descritti in questo libro sono frutto della fantasia dell’autore. Qualsiasi corrispondenza con persone reali, vive o morte, o con fatti realmente accaduti è pertanto da considerarsi puramente casuale e non voluta dall’autore. Il ricorso a nomenclature di Enti, Aziende, Strutture ministeriali o statali, nonché a sigle o marchi di fabbrica, come pure a personaggi dello spettacolo o trasmissioni audiovisive è finalizzato unicamente a dare veridicità alle ambientazioni.

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o memorizzata in un sistema di recupero dati o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, fotocopie, registrazioni o altro, senza l’espresso consenso scritto dell’autore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

1

 

 

 

 

 

 

 

A Morgantown, Virginia, USA, Patricia Cromowel, software engineer e, all’occorrenza, hacker, appoggiò i piedi sul tappetino fuori dalla doccia, indossò l’accappatoio e avvolse i capelli in un asciugamano. Uscendo dal bagno lasciò cadere un’occhiata sul monitor del laptop acceso sul piccolo tavolo accanto alla finestra.

Viveva a New York City ed era lì in visita dai suoi genitori. Un breve incontro, in verità, dal momento che la sera precedente, dopo appena una settimana dal suo arrivo, loro erano partiti per una nuova crociera. Fra le isole dei Caraibi, questa volta, e non sarebbero tornati prima di un mese.

Sullo schermo, una piccola icona ammiccava per annunciarle una notifica. Lesse: Boxer nose, Naso da pugile, e tirò dritto sorridendo.

Abbandonò accappatoio e asciugamani sul letto e scosse i capelli, tinti di viola e arancione. Sollevò il seno destro davanti allo specchio e si voltò leggermente di lato, per vedere il riflesso della farfalla tatuata vicino al capezzolo.

Il suo amico Sirio, criminology professor in Forlì, Italy, che lei chiamava Boxer nose per via del naso schiacciato, voleva mettersi in contatto con lei.

Un pensiero malizioso la fece sorridere.

Indossò delle mutandine molto succinte e cliccò sull’icona lampeggiante.

“Ciao Pat. Camera 43. Un anno. Prenoto?”

Non ebbe bisogno di avviare il traduttore: un breve flashback fu più che sufficiente.

Oltre la finestra, un agosto afoso e umido. Al di qua dei vetri, una casa vuota.

Il ricordo della riviera romagnola, degli italiani chiassosi, della brezza profumata in riva al mare la sera e anche… perché no? della camera 43, la fecero decidere.

Prenotta…

Consultò il traduttore e corresse:

“Prenota”.


 

 

 

 

2

 

 

 

 

 

 

 

Il tabellone elettronico nell’atrio Arrivi Internazionali dell’aeroporto di Bologna Borgo Panigale indicava che il volo AA04365 delle ore 10:35 da New York, con scalo a Londra, era in orario. Sirio seguì le indicazioni e si accodò alle altre persone in attesa al varco di arrivo. Una bambina sui dieci, undici anni faceva saltelli impazienti trattenuta dalla madre; una sedicenne in minigonna e scarpe da palestra si sporgeva verso le porte scorrevoli ogni qual volta si aprivano; un giovanotto atletico con la barbetta rasa sorrideva fra sé; una coppia di anziani si teneva per mano scambiandosi sottovoce dei commenti.

«Sirio, mi amor

Patricia correva verso di lui facendo saltellare i capelli variopinti e facendo ballonzolare le rotelle del trolley. Si ostinava a voler esercitare il proprio italiano, senza rendersi conto di confonderlo, molto spesso, con lo spagnolo. Gli gettò le braccia al collo e lo baciò sulla bocca.

«Finally, my love… finalmente.»

Si era soffermata a osservarlo.

«Sei sempre uguale, my friend

«E tu sempre splendida.»

La bambina undicenne era corsa incontro al padre saltandogli addosso e facendolo barcollare all’indietro; la sedicenne stava baciando il suo boyfriend con lo zaino in spalla; la coppia di anziani sorrideva e faceva carezze ai due nipotini con gli occhi vergognosi, mentre la loro mamma li sospingeva dicendo: Su, su… salutate i nonni; il giovanotto atletico allargava le braccia verso un altro talmente simile a lui da poter essere fratelli, invece si erano dati un bacio da fidanzati e adesso si stavano avviando abbracciati verso l’uscita.

Sirio prese la maniglia del trolley e passò il braccio attorno al fianco di Patricia.

«Stanca?»

«Oh, no. Tanta voglia for the sun… di sole… di mare. Subito,» si lasciò andare a una risata, riversando indietro la testa.

La loro amicizia era nata in due poltrone vicine del teatro dell’opera di Bologna, aveva raggiunto piena maturazione nella camera 43 della pensione Vacanze Felici di Cesenatico e si era conclusa nell’atrio partenze di quello stesso aeroporto.

Raggiunsero la fedele Clio color melanzana di Sirio.

«Oh, the little city car,» esclamò la ragazza, e aggiunse, col suo entusiasmo squisitamente yankee, «Oh yes, tutto muy bello, muy bello. Staremo assieme giorno y noche

Continuava a confondere lo spagnolo con l’italiano, ma Sirio evitò di correggerla.

«Purtroppo, per oggi pomeriggio, ho un impegno,» dovette confessare.

«Oh…» fece lei con la voce delusa, «avevi promesso.»

«Sì, è vero. Ma sai come succede… quelle noiose convocazioni improvvise dei magistrati… la giudice Valtesi…»

«Una donna, dunque…»

«Già, una donna.»

«Giovane?»

«Beh, non vecchia…»

«Bella?»

«Direi di sì.»

«Più di me?» lei inclinò la testa, fissandolo maliziosa da sott’in su.

«Oh no, certo che no,» le sorrise, «ma si tratta del mio lavoro e non posso sottrarmi. Comunque sarà una breve riunione. Tornerò presto e sarò tutto per te.»


 

 

 

 

3

 

 

 

 

 

 

 

La camera 43 dell’hotel Vacanze Felici aveva un piccolo balcone che affacciava verso il mare.

«Oh, beautiful,» esclamò Patricia, sporgendosi dalla ringhiera.

Subito sotto di loro i villeggianti affollavano la piscina, occupavano sdraio e lettini, sorseggiavano bibite e leggevano libri; i bambini facevano tuffi, si inseguivano sull’erba. Poco più in là, sulla strada, le automobili procedevano adagio, cercando parcheggio o uscendone. I marciapiedi erano gremiti di ragazze in prendisole ridotti e di giovanotti a torso nudo. Gli ombrelloni nel lido si protendevano fino al mare, fitti e allineati come militari in parata. Frotte di bagnanti si crogiolavano lungo il bagnasciuga. Riflessi di luce bianchissima baluginavano sulle increspature dell’acqua e motoscafi scorrevano lenti, al largo, inseguiti da una scia silenziosa. Dal campo di beach volley nell’arenile arrivavano a intermittenza le incitazioni smorzate dei giocatori e dal chiosco dello stabilimento balneare giungeva la musica di una canzone latinoamericana. Si udiva qualche strombazzamento dalla strada e poi, sotto di loro, risuonavano il brusio smorzato dei villeggianti e le grida festose dei ragazzini.

Patricia gli circondò le spalle con le braccia e lo baciò.

«Gracias,» gli sospirò sulla bocca.

Il solito problema della lingua, ma non era il momento di sottilizzare. Sirio l’abbracciò. Tenendola stretta cominciò a dirigersi verso il letto, ma lei, agitandogli l’indice davanti al naso, disse sorridendo: «Non si può».

«Perché?»

«Your judge friend is waiting for you… la tua amica giudice ti aspetta.»

La lasciò andare, a malincuore: «Hai ragione, mi dispiace. Che farai?»

«Oh, non preoccuparti for me, starò benissimo… sea, sun, mare, sole… ho tutto quello che voglio. Tu vai, vai pure a svolgere il tuo lavoro di profiler

Gli sembrò di sorprendere una luce maliziosa, mentre lo diceva.


 

 

 

 

4

 

 

 

 

 

 

 

Intorno alle due di notte Sirio aprì con precauzione la porta della camera 43 e la lasciò socchiusa. Il climatizzatore, sopra di lui, ronzava e spingeva sulle sue spalle aria fresca. Col chiarore proveniente dal corridoio distinse l’ingresso del bagno, proseguì sulla moquette e si sporse oltre lo spigolo del muro. Patricia dormiva nella parte più distante del letto, il respiro regolare, completamente nuda.

Gli dispiaceva svegliarla, così accese la luce sullo specchio del bagno, richiuse in silenzio la porta verso il corridoio, fece scorrere l’acqua nella vasca e si immerse. Abbassò le palpebre e appoggiò la nuca contro il bordo. Il tepore dell’acqua era gradevole, rilassante.

 

“My love”, aveva esclamato Patricia, quando l’aveva chiamata al telefono, nel pomeriggio, “sei di ritorno?”

“Purtroppo no, ci sono stati degli sviluppi inattesi, non posso allontanarmi. Si tratta di una inchiesta complessa, sai, magistrati, funzionari delle forze dell’ordine… la commissario capo Ruggentini…”

La commissario?” aveva sottolineato lei.

“Una donna… sì. Ma vedrai, mi farò perdonare.”

“Non importa”, si era ravvivata, “ti aspetterò sveglia.”

Le aveva chiesto di non farlo, aveva insistito affinché andasse a dormire: era sicuramente stanca per il viaggio, per la differenza del fuso orario, il jet lag…

“Mi troverai ad aspettarti, mi amor”, era stata categorica lei.

Aveva lasciato il rubinetto aperto, l’acqua gli lambiva le orecchie, percepì che Patricia mormorava qualcosa, nel sonno, di là dalla parete sottile. Sirio aprì gli occhi e attese di vederla entrare. Immaginò che lo fissasse con gli occhi assonnati e gli dicesse mi amor, mentre scivolava nell’acqua vicino a lui…

Ma non venne, e tornò ad abbassare le ciglia.

Uscì dalla vasca dopo un’altra mezz’ora, si frizionò nell’accappatoio e andò a distendersi accanto a lei, che borbottò qualcosa nel sonno e gli appoggiò il braccio sul petto; gli passò entrambe le gambe sulle sue, bloccandolo; il respiro era caldo, i capelli profumati, la sua nudità eccitante, ma continuava a dormire.

Gli dispiacque svegliarla.

Ammirò a lungo, con la poca luce che filtrava dalla finestra, la piccola farfalla che svolazzava immobile accanto al capezzolo della sua amica.

Prese sonno molto… molto tempo dopo.


 

 

 

 

5

 

 

 

 

 

 

 

Svegliandosi, non la trovò accanto a sé. La custodia del suo notebook giaceva sull’etagère, aperta e vuota. Provò a chiamarla, ma il cellulare risultava irraggiungibile o spento. Indossò dei calzoncini e una t-shirt e scese nella hall, ma la receptionist non seppe dirgli dove fosse andata. Al bar non c’era, in piscina nemmeno e al telefono la voce elettronica ripeteva la solita tiritera entusiasta: “Non è raggiungibile…”

Sirio attraversò il lungomare ed entrò nello stabilimento del lido.

Incrociò il suo sguardo quando sventolò la mano verso di lui per richiamarne l’attenzione. Sedeva su un trespolo all’ombra del gazebo incannucciato annesso al chiosco delle bibite. Sul tavolino erano appoggiati il laptop col coperchio bianco rialzato e due bicchieri di liquido arancione. Sullo sgabello accanto, di spalle, sedeva un tipo atletico in canotta rosa shocking.

«Mi amor, here I am... qui, sono qui...»

Li raggiunse e Patricia si protese per baciarlo sulla bocca.

«Lui è Max. Pensa, l’avevo scambiato per uno che si è imbarcato a Londra sul mio volo. Così l’ho chiamato… e mi ha raccontato una storia incredibile,» disse, in inglese.

Il giovanotto atletico, una barbetta rasa che Sirio aveva già visto, aveva negli occhi la stessa espressione di un cane sgridato. Gli porse la mano, fece per alzarsi.

«Perdonatemi, tolgo il disturbo.»

Voce pacata, quasi musicale.

«Ma no,» Patricia lo trattenne per il polso, «Sirio è un criminologo, potrà aiutarti.»

L’uomo sollevò il sopracciglio: «E come? Ormai…»

«Il tuo amico londinese è sparito?» chiese Sirio.

Patricia emise un gridolino eccitato: «Lo vedi? Ti ha appena visto e già ha capito tutto».

«Ho solo fatto due più due. Avevo notato con quanta trepidazione eri in attesa, al gate degli arrivi internazionali, ieri mattina, e con quanto affetto hai abbracciato il tuo amico. Adesso lui non è qui, tu hai quest’aria afflitta e Patricia ha appena detto che posso aiutarti in qualità di profiler. Dunque, vuoi raccontarmi cos’è accaduto esattamente?»

Patricia gli fece di sì con la testa. Sirio accostò al tavolo uno sgabello e sedette, con un piede appoggiato sul traverso e l’altro penzoloni.

Max esitava: «Come stavo raccontando a Patricia… ho conosciuto Andy su una chat di incontri. Era così gentile… abbiamo flirtato per qualche tempo sul web, poi abbiamo deciso che mi avrebbe raggiunto, per una piccola vacanza assieme. Lui vive a Londra…»

Patricia, troppo eccitata per parlare in italiano, si intromise d’impeto nella sua lingua: «È quanto gli aveva detto, ma, a questo punto, c’è da credergli?» si era intromessa Patricia.

Sirio approfittò dell’interruzione per chiedere: «Capiva l’italiano?»

«No, comunicavamo in inglese.»

«OK. Quindi?»

Max sospirò: «Ieri abbiamo trascorso una giornata d’amore perfetta; poi, stamattina, mi sono svegliato con una emicrania insopportabile e lui non era accanto a me. L’ho chiamato. Era sparito… e con lui il mio braccialetto d’oro, i soldi che avevo nel portafogli, la carta di credito e…»

«Pressoché tutti i risparmi sul conto corrente,» finì Patricia per lui.

«Come c’è riuscito?»

«Ha eseguito un bonifico a proprio favore, dal mio computer,» Max rispose a occhi bassi.

«Come ha potuto?»

«Nel portafogli conservavo un biglietto con i codici per accedere all’internet banking. Forse ha utilizzato addirittura l’applicazione installata sul mio smartphone, dopo avermi drogato col sonnifero. Ho sporto denuncia, naturalmente. Che stupido sono stato… non conosco nemmeno il suo cognome… il poliziotto mi guardava con un’espressione…»

Accasciato, scuoteva la testa.

«Non vi siete registrati, in albergo?»

«Io avevo già pernottato la notte precedente. Avevo la chiave, così appena arrivati siamo saliti in camera. Nella hall c’era un viavai indescrivibile, nessuno ha badato a noi.»

«Ed è sparito anche da quel sito di incontri…» Sirio indicò il laptop di Patricia.

«Già!» confermò lei.


 

 

 

 

6

 

 

 

 

 

 

 

Sirio conosceva le qualità informatiche della sua amica. Una sera dell’anno precedente, mentre si trovavano a cena in un ristorante della riviera, si era accorto di aver dimenticato in macchina lo smartphone. Quando era uscito a prenderlo, il finestrino della Clio era stato trasformato in un tappeto di schegge di cristallo sparse sul sedile e il cellulare era sparito. Ebbene, Patricia era riuscita a intercettarlo con una delle sue applicazioni pirata e a seguirlo. Avevano raggiunto il ladruncolo, un tossicomane giovanissimo di scarsi cinquanta chili, e gli era stato facile farselo restituire.

«Fin dove puoi arrivare, con quello?» le chiese, accennando al laptop bianco.

«In teoria, ovunque. Dipende da dove vuoi che vada e da quanto tempo avrei a disposizione,» rispose lei, sempre nella sua lingua.

«Hai ancora il numero del tuo volo?» le chiese ancora.

«Ho il ticket sullo smartphone,» lo orientò verso di lui per mostrarglielo.

«Molto bene. American Airlines, volo AA04365, atterrato a Bologna alle ore dieci e trentacinque di ieri. Cerca la lista dei passeggeri imbarcatisi a Londra.»

Patricia scosse la testa.

«Non è poco. Mi stai chiedendo di violare il sito di una compagnia aerea, superare i blocchi di sicurezza e aggirare i vari firewall. Beh, potrei anche riuscirci, ma non prima del prossimo Natale. Non avresti una domanda di riserva?»

Sirio si rivolse a Max: «Hai provveduto a bloccare il conto corrente, immagino».

Il giovane aveva seguito quello scambio di battute con la fronte corrucciata.

«Certo,» rispose, «e anche la carta di credito.»

«Bene, se fornisci le coordinate bancarie a Patricia, vediamo di scoprire dove si trova il bravo Andy, in questo momento. Vero, Pat?»

«Questo è più facile,» si rivolse a Max, «sarà come se tu avessi richiesto, in un qualsiasi sportello Bancomat, gli ultimi movimenti della carta, qualche minuto prima del blocco.»

Cominciò a digitare sulla tastiera i dati che le forniva.

«Ha speso poco più di duecento euro in un negozio di calzature in via Robespierre, a Cesenatico…»

«È ancora qui?» si guardò alle spalle il giovane, con gesto istintivo.

«C’era intorno alle nove.»

«Un momento, come conosceva il codice segreto della carta?» chiese Sirio.

«Beh, deve averlo memorizzato mentre pagavo il conto del ristorante, ieri a cena.»

Patricia riprese: «Poi ha pagato cinquanta euro a una compagnia dei taxi.»

«Si è fatto portare in aeroporto?» chiese Max.

«Forse… o forse no. Patricia, puoi individuare quel tassì?» la pressò Sirio.

«Il nome della compagnia, appare sulla ricevuta di pagamento. Le vetture sostano in una piazzetta a ridosso di via Robespierre, che è qui vicino, mi dice la mappa. Vediamo se trovo un varco…» continuava a percuotere i tasti a velocità iperbolica, «ecco, sono entrata nei loro tracciati GPS. Dopo le nove si sono mosse due macchine. Ho bisogno di incrociare un secondo dato. Max, qual è il numero di telefono di Andy?»

«Lo ha spento. Ho provato a chiamarlo più volte.»

«Era spento mentre provavi, riproviamo. Su, dettamelo.»

Lui lo richiamò dalla rubrica e orientò lo smartphone verso di lei, perché potesse leggerlo.

«Eccolo,» esclamò Patricia, dopo qualche tentativo sulla tastiera del personal, «lo ha acceso per pochi minuti, verso le dieci. Bingo! Taxi e smartphone si trovavano nel medesimo punto della E45

Sirio la incalzò: «La vettura, dimmi, ha proseguito fino all’aeroporto?»

«Sì.»

«Ti dispiace dare un’occhiata alla partenza del prossimo volo per Londra?»

«L’ho già fatto io,» esclamò Max, «alle diciannove.»


 

 

 

 

7

 

 

 

 

 

 

 

Era passato mezzogiorno. Gli ombrelloni formavano ombre dal cerchio quasi perfetto. Sotto la tettoia annessa al chiosco delle bibite, giovani in bermuda colorati e ragazze in bikini ordinavano panini e stappavano bottiglie di birra.

Sirio ragionava in fretta.

«Abbiamo poco tempo,» considerò.

«Per fare cosa?» chiesero, quasi assieme, gli altri due.

«Per fermarlo.»

«Lo ritieni possibile?» domandò Patricia.

«Forse no, ma voglio provarci. Intanto… puoi seguire il flusso del denaro uscito dal conto di Max e vedere dov’è finito?»

«Se conoscessi la sua identità e se disponessi del tempo necessario, ci riuscirei. Al momento, per come stanno le cose, sarebbe possibile soltanto alla sua banca o agli informatici della polizia; ma, negli USA, questo è consentito soltanto dietro ordinanza di un giudice. Qui da voi ritengo sia più o meno lo stesso.»

Gli informatici della polizia… un giudice…

Sirio inseguiva velocissimi pensieri.

Sotto gli sguardi accigliati degli altri due, richiamò un numero dalla rubrica dello smartphone.

«Ah, Sirio!» rispose una voce femminile.

Patricia doveva averla sentita, perché fece una smorfia da clown made in USA, sollevando gli occhi, scuotendo la testa e fingendo di borbottare: Bo, bo, bo

Lui la ignorò e si rivolse alla persona al telefono: «Ah, commissario, avevi il mio numero nella memoria, vedo. Bene! Dovrei rubare pochi minuti del tuo tempo…»

Gli fu necessario un buon quarto d’ora per riferirle la disavventura del giovanotto in canotta rosa seduto sullo sgabello accanto a lui.

«Sappiamo che il truffatore, che si faceva chiamare Andy, in questo momento è in aeroporto e intende imbarcarsi per Londra col prossimo volo. È l’ultima occasione che abbiamo di fermarlo e assicurarlo alla giustizia.»

«Sirio,» disse la commissario Ruggentini, «comprendo il tuo… chiamiamolo entusiasmo e voglio sorvolare sulle modalità utilizzate per conoscere la posizione del presunto sospettato, però, mi insegni, io non posso arrestare un cittadino, oltretutto uno straniero, a semplice richiesta di chicchessia, sia pure un criminologo.»

Lui insistette: «Non potresti almeno sollecitare la compagnia di volo a rivelarci la sua identità?»

La voce all’altro capo della linea divenne impaziente: «Non vedo a che ti potrebbe servire… e poi, ti sembrano proposte da fare a un commissario di polizia nell’esercizio delle proprie funzioni?»

Sirio ignorò l’eccezione e continuò a insistere: «Però, se inseguendo il flusso del denaro trafugato si scoprisse che è finito sul conto corrente di questo Andy, sarebbe una prova e si potrebbe procedere al fermo.»

«Sarebbe una supposizione! Avvengono miliardi di transazioni bancarie, in ogni momento, e non è detto che siano delle truffe. Ti prego, non insistere, il tuo cliente ha sporto denuncia, la legge farà il suo corso.»

La denuncia avrebbe solo fornito dati per aggiornare statistiche, sapeva, ma tenne per sé questa considerazione e aggiunse, con un tono carico di sottintesi:

«Potrei chiedere un favore alla giudice Valtesi, in questo senso…?»

Ruggentini sbuffò apertamente: «Che posso dirti? Fai come credi».

Riagganciò senza salutare.

Sirio sorrise.

«Adesso Marianna,» disse, come fra sé, spostando il pollice sui tasti del cellulare.

Anche a lei riassunse la disavventura di Max e le comunicò la propria intenzione di fermare Andy. Anche lei lo diffidò dal prendere qualsiasi iniziativa, perché, ripetette più volte, agiva al di fuori di qualsiasi prassi giuridica.

«Dovresti saperlo!» aveva riagganciato.

Anche lei senza un saluto.

«Are you crazy?» esclamò Patricia, «sei impazzito? Come potevi sperare in una risposta diversa?»

«Sapevo perfettamente cosa avrebbero risposto, sia l’una che l’altra, ma lo scopo delle telefonate era tutt’altro.»

«E quale?» Patricia era perplessa.

«Lanciare un sasso nello stagno… sai, provoca onde,» le sorrise, mostrando l’espressione più furbesca del proprio repertorio.

Max seguiva quei battibecchi senza capire.

«Sei pazzo,» ripeté la ragazza.

«È tardi,» ignorò il commento, «e dovremo sbrigarcela da soli. Perciò mettiamoci al lavoro, se vogliamo concludere questa faccenda entro le sette.»


 

 

 

 

8

 

 

 

 

 

 

 

Tutt’e tre, cambiatisi d’abito in fretta, adesso correvano sulla E45 in direzione dell’aeroporto di Bologna, stipati nella piccola utilitaria viola.

Sirio accennò, con un gesto della mano, al personal che Patricia teneva appoggiato sulle ginocchia: «Attiva il tuo lancia razzi».

«What? Lancia… razzi?»

«So bene che nelle tue mani quel laptop può trasformarsi in una rampa di lancio per testate nucleari,» le ammiccò.

«Ah, okay, che vuoi che faccia?»

«Il nostro Andy ha acceso il cellulare per pochi minuti, poi è tornato irraggiungibile e lo è tutt’ora, giusto?»

«È così,» confermò Max, dal sedile posteriore.

«Se avesse sostituito la SIM, tu, Patricia, tramite l’indirizzo IP del cellulare, potresti risalire al nuovo numero?»

«Se ha fatto qualche telefonata, sì.»

«Allora procedi. L’ideale sarebbe di poter entrare nel suo telefonino prima che lo spenga all’imbarco.»

La piccola Clio viaggiava al di sopra dei limiti di velocità consentiti, il ticchettio dei tasti del personal sovrastava il brontolio del motore e il fruscio dell’aria.

«Ci sono,» esultò Patricia, «sono nel suo smartphone.»

«Bene. Adesso, in inglese, invia questo sms al nuovo numero di Andy: Caro Andy, le scarpe che hai acquistato in via Robespierre, prima di salire sul tassì per fuggire, non ti permetteranno di andare lontano. Il percorso dei trentamila euro che hai trafugato dal conto corrente di Max, mi porterà fino a te. Sarò la tua ombra. Ti aspettano solide manette e una cella con sbarre robuste.»

«Non capisco, ma okay…» maltrattò la tastiera.

«Molto bene. Adesso, tramite il GPS, riesci a seguire i suoi spostamenti?»

«Ecco… yes… lo vedo! Posso anche aumentare la risoluzione e collocarlo nello spazio, se vuoi.»

«Certo. Dov’è?»

«È nell’atrio partenze.»

«Dobbiamo fare in modo che abbia l’impressione di essere osservato.»

«Cos’è? Una tecnica di condizionamento, di quelle che insegni nelle tue lezioni?»

Sirio, invece di rispondere, tornò a chiederle:

«Hai visto The Truman Show? Hai letto 1984 di Orwell? Nessuno può trovarsi a proprio agio in un reality che lo insegue a tempo indeterminato. Soprattutto se ha la coscienza sporca».

«Del tipo: Il grande fratello incombe su di te?» Scherzò Patricia.

«Scriviglielo,» disse Sirio.

«Davvero?»

«Perché no. Deve sentirsi i nostri occhi addosso, come se fossimo lì e potessimo scrutarlo.»

«Si sta spostando,» disse lei, «è nel bar dell’aeroporto.»

«Scrivigli: Goditi questi ultimi momenti di libertà, fra poco l’unico caffè che potrai bere ti sarà offerto dalle prigioni italiane

Patricia, concentrata, seguitava a percuotere la tastiera.

«Okay,» ripetette, premendo il tasto di invio.

«Puoi verificare se lo ha letto?»

«Li legge tutti subito. Me lo immagino… a fissare incredulo il cellulare e a guardarsi attorno.»

«Non capisco,» giunse la voce di Max, dal sedile posteriore, «cosa contate di ottenere?»

«Pressione psicologica. Continueremo a bersagliarlo finché non saremo lì.»

«A quel punto?»

«Se conosco la natura umana, qualcosa accadrà.»

«Si starà chiedendo chi siamo,» si intromise Patricia, «forse starà immaginando che lo sorvegliamo tramite il circuito delle telecamere. Starà cercando di capire se sia possibile.»

Tacquero per alcuni minuti. Nell’abitacolo angusto rimase il fruscio monotono della velocità, accompagnato dal ticchettio intermittente della tastiera.

«Ho reperito nel web una fotografia recente dell’area ristoro,» disse la ragazza.

«Inviagli un sms come se ti trovassi sul posto e potessi osservarlo.»

«Il cartellone della pubblicità ti nasconde, ma so che sei lì... può andar bene?»

«È perfetto. Invialo.»

«Pensate che potrei scrivergli dei messaggi anche io?» chiese Max.

«Perché no. Bombardamento a tappeto!»

A Sirio sfuggì un risolino.

Continuarono a tartassare il nuovo numero di Andy finché furono in vista delle luci dell’aeroporto.

«Patricia,» disse Sirio, «un ultimo messaggio dal notebook: Non prenderai quel volo… poi passa l’applicazione sul tuo smartphone.»

La Clio, senza rallentare, diresse verso gli ingressi delle partenze internazionali.

Si bloccò in un’area destinata alla sosta dei pullman e scese.

«Fatto,» disse Patricia, uscendo, «e adesso?»

«Vediamo di mantenere la promessa che gli abbiamo appena fatto.»

Corsero tutt’e tre verso l’atrio illuminato.

Mancavano due minuti all’apertura dei cancelli d’imbarco. Sirio rilevò l’informazione sul tabellone luminoso e attraversò l’atrio senza rallentare. Lunghe code di passeggeri affollavano il banco del check-in e fu costretto ad aggirarle. Raggiunse il gate del volo per Londra e si fermò a osservare la fila in attesa.

«Lo vedi?» chiese Patricia, raggiungendolo.

«No.»

«Eccolo,» ansimò Max, tendendo il braccio.

Il suo sosia aveva fatto capolino e li aveva scorti. Era uno dei primi della fila. Si era ritratto.

Sirio afferrò Max per il gomito e lo sospinse avanti, Patricia affrettò il passo, per rimanergli vicino. Le persone in attesa, man mano che li notavano, si facevano da parte con espressioni preoccupate.

Raggiunsero Andy, che rimase a fissarli immobile, a occhi sbarrati.

«È lui?» chiese Sirio a Max, in inglese.

«Yes.»

«Deve venire con noi in commissariato,» gli intimò, sempre in inglese.

L’altro alzò di scatto le mani in alto come un militare che si arrende, mentre una voce femminile e autoritaria, alle spalle di Sirio, di Patricia e di Max, scandiva, in un inglese scolastico ma accettabile:

«Mister Andrew Hastings, da questa parte, prego, dobbiamo eseguire dei controlli».

La commissario Ruggentini, scortata da un agente in divisa, afferrò Andy per il gomito e lo indusse a seguirla verso il posto di polizia dell’aeroporto.


 

 

 

 

9

 

 

 

 

 

 

 

Ruggentini aveva chiesto a tutti e tre di aspettare in sala d’attesa. La giudice Valtesi fece il suo ingresso poco dopo, assieme a un poliziotto. Gli occhi dardeggiavano come lampi laser durante battaglie nella galassia.

«Sei un mascalzone, mi hai manipolata e hai manipolato anche Ruggentini.»

Sirio sospirò: «Ho solo indicato a te e a lei il percorso più breve per arrivare dal punto A al punto B. Per identificare Andy prima che tornasse a Londra, non esisteva altro sistema che incrociare i nominativi dei passeggeri sul volo con cui era arrivato con quelli dell’aereo su cui stava per salire; per accertare che fosse lui il truffatore, era necessario verificare a chi fosse stato accreditato il bonifico. Io ero impossibilitato sia all’una che all’altra operazione, voi due avete potuto.»

Marianna tentennò il capo: «Hai voluto fare di testa tua. Mi auguro si possa dimostrare la colpevolezza di quell’uomo, altrimenti…»

«Potrebbe denunciarmi per averlo diffamato?» la prevenne Sirio, scegliendo la sua più genuina espressione da canaglia.

«Sì, questo,» confermò lei, scambiando con Patricia un’occhiata carica di domande e delle relative risposte.

Sirio procedette alle presentazioni: «Lui è Max, la vittima della truffa… Lei, una mia amica di New York…»

«Comunque, sei un furfante,» l’interruppe, meno decisa, la giudice, prima di aggiungere, «vado a interrogare il fermato, voi aspettate qui.»

Uscì evitando di stringere mani, seguita dal poliziotto.


 

 

 

 

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Oltre i vetri della finestra che affacciava sulle piste di decollo dell’aeroporto, era buio già da un pezzo. Nella luce grigia che pioveva dal soffitto a riquadri bianchi, Sirio fissava le teste ciondoloni di Patricia e di Max, che dormicchiavano sulle sedie a schiera, di fronte a lui. Dopo la mezzanotte c’era stato un certo tafferuglio, quando dei poliziotti avevano trascinato per il corridoio un ubriaco massiccio e violento. Erano accorsi altri agenti dagli uffici, per dare manforte ai colleghi. Lo avevano sospinto verso qualche camera di sicurezza.

Non ricordava di essersi mai tirato indietro davanti a un’indagine e a volte si era chiesto perché lo facesse e soprattutto se ne valesse la pena.

Conosceva la risposta.

Qualsiasi indagine richiedeva dosi massicce di tempo, caparbietà e costanza, per raggiungere un risultato concreto. Migliaia di crimini, considerati minori, rimanevano impuniti, essenzialmente perché nessuno poteva dedicare loro l’attenzione e la sollecitudine di cui necessitavano. Una delle prime regole, scritta in neretto sul decalogo del buon investigatore, recitava che le inchieste devono essere avviate il prima possibile, poiché col tempo le tracce sbiadiscono fino a dissiparsi. Ebbene, sapeva che senza il suo intervento le indagini di routine si sarebbero protratte per mesi, l’identità di Andy sarebbe rimasta sconosciuta e il denaro non sarebbe più stato recuperato.

Entrò la commissario Ruggentini.

Patricia e Max si riscossero, mentre diceva:

«Che gli avete fatto? Continua a ripetere che le spie vogliono ucciderlo. Ci ha mostrato una serie di messaggi ricevuti sullo smartphone,» sorrise, «posso desumere che siano opera vostra o devo avviare indagini per scoprire da chi provenivano?»

Entrò anche la giudice Valtesi. Doveva aver colto le ultime parole, perché disse:

«Quel ragazzo era terrorizzato. Sentirsi l’alito del Grande fratello perennemente sul collo… cos’è, una nuova forma di tortura?»

Sirio scosse la testa.

«Non potevo sapere se effettivamente voi due sareste intervenute, dovevo renderlo malleabile quanto bastava da indurlo a seguirci in commissariato.»

Marianna agitò la mano.

«Lasciamo correre, ha confessato. Ha riferito dettagli su altre truffe, qui in Italia. Casi irrisolti che abbiamo recuperato dall’archivio telematico. Le modalità erano più o meno le stesse, contattava le vittime tramite dei siti social… maschi o femmine, per lui era indifferente, quindi faceva in modo di farsi invitare, così come ha fatto in questa occasione, infine arraffava quanto più poteva e spariva. A questo punto,» si rivolse alla giovane vittima del raggiro, «dobbiamo procedere a un riconoscimento ufficiale da parte di Max e a raccogliere le vostre testimonianze. Dopo di che sarete liberi di tornarvene a casa.»

Fu necessaria un’altra ora, per il disbrigo delle ultime formalità.

Intorno alle cinque del mattino Sirio e Patricia raggiunsero la piccola Clio, che aspettava coperta di bruma nel parcheggio dei pullman. Max aveva preferito rientrare in taxi, giudice e commissario con le rispettive vetture di servizio.

Il traffico sulla E45 si limitava a qualche autocarro e a poche automobili. Il flusso dei vacanzieri sarebbe iniziato di lì a poche ore.

Il profilo della donna era un punto fermo, rispetto al panorama che scorreva oltre il finestrino dalla sua parte. Provò un crampo allo stomaco: era venuta dall’America espressamente per lui e lui l’aveva trascurata e coinvolta in una avventura che non la riguardava.

Lei ruppe il silenzio per chiedere:

«Avevi previsto tutto. La reazione di Andy, l’intervento delle tue amiche commissario e giudice… tutto».

La sua faccia imbronciata gli causò un’ulteriore stretta di rimorso.

«Beh, previsto… diciamo che ci contavo.»

«E mi hai indotta a fare l’hacker a tempo pieno,» gli fece l’occhiolino.

Sirio cominciò a sperare.

«Sei un mostro e un pazzo,» esclamò Patricia.

Poi cominciò a ridere: «Il pazzo più geniale che abbia mai incontrato».

Gli si gettò al collo per baciarlo.

La vetturetta viola sbandò più volte, prima di rimettersi in carreggiata.


Racconto

Violenza privata - Romanzo

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