Breve indagine internazionale
Racconto
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I personaggi e gli eventi descritti in questo libro sono frutto della fantasia dell’autore. Qualsiasi corrispondenza con persone reali, vive o morte, o con fatti realmente accaduti è pertanto da considerarsi puramente casuale e non voluta dall’autore. Il ricorso a nomenclature di Enti, Aziende, Strutture ministeriali o statali, nonché a sigle o marchi di fabbrica, come pure a personaggi dello spettacolo o trasmissioni audiovisive è finalizzato unicamente a dare veridicità alle ambientazioni.
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1
A
Morgantown, Virginia, USA, Patricia Cromowel, software engineer e, all’occorrenza, hacker, appoggiò i piedi sul
tappetino fuori dalla doccia, indossò l’accappatoio e avvolse i capelli in un
asciugamano. Uscendo dal bagno lasciò cadere un’occhiata sul monitor del laptop
acceso sul piccolo tavolo accanto alla finestra.
Viveva a New York City ed era lì in visita
dai suoi genitori. Un breve incontro, in verità, dal momento che la sera precedente,
dopo appena una settimana dal suo arrivo, loro erano partiti per una nuova
crociera. Fra le isole dei Caraibi, questa volta, e non sarebbero tornati prima
di un mese.
Sullo schermo, una piccola icona ammiccava
per annunciarle una notifica. Lesse: Boxer
nose, Naso da pugile, e tirò
dritto sorridendo.
Abbandonò accappatoio e asciugamani sul letto
e scosse i capelli, tinti di viola e arancione. Sollevò il seno destro davanti
allo specchio e si voltò leggermente di lato, per vedere il riflesso della farfalla
tatuata vicino al capezzolo.
Il suo amico Sirio, criminology professor in
Forlì, Italy, che lei chiamava Boxer
nose per via del naso schiacciato, voleva mettersi in contatto con lei.
Un pensiero malizioso la fece sorridere.
Indossò delle mutandine molto succinte e
cliccò sull’icona lampeggiante.
“Ciao Pat. Camera 43. Un anno. Prenoto?”
Non ebbe bisogno di avviare il traduttore: un
breve flashback fu più che sufficiente.
Oltre la finestra, un agosto afoso e umido.
Al di qua dei vetri, una casa vuota.
Il ricordo della riviera romagnola, degli
italiani chiassosi, della brezza profumata in riva al mare la sera e anche…
perché no? della camera 43, la fecero decidere.
“Prenotta…”
Consultò il traduttore e corresse:
“Prenota”.
2
Il
tabellone elettronico nell’atrio Arrivi
Internazionali dell’aeroporto di Bologna Borgo Panigale indicava che il
volo AA04365 delle ore 10:35 da New York, con scalo a Londra, era in orario.
Sirio seguì le indicazioni e si accodò alle altre persone in attesa al varco di
arrivo. Una bambina sui dieci, undici anni faceva saltelli impazienti
trattenuta dalla madre; una sedicenne in minigonna e scarpe da palestra si
sporgeva verso le porte scorrevoli ogni qual volta si aprivano; un giovanotto
atletico con la barbetta rasa sorrideva fra sé; una coppia di anziani si teneva
per mano scambiandosi sottovoce dei commenti.
«Sirio, mi
amor.»
Patricia correva verso di lui facendo saltellare
i capelli variopinti e facendo ballonzolare le rotelle del trolley. Si ostinava
a voler esercitare il proprio italiano, senza rendersi conto di confonderlo,
molto spesso, con lo spagnolo. Gli gettò le braccia al collo e lo baciò sulla
bocca.
«Finally,
my love… finalmente.»
Si era soffermata a osservarlo.
«Sei sempre uguale, my friend.»
«E tu sempre splendida.»
La bambina undicenne era corsa incontro al
padre saltandogli addosso e facendolo barcollare all’indietro; la sedicenne
stava baciando il suo boyfriend con lo zaino in spalla; la coppia di anziani
sorrideva e faceva carezze ai due nipotini con gli occhi vergognosi, mentre la
loro mamma li sospingeva dicendo: Su, su…
salutate i nonni; il giovanotto atletico allargava le braccia verso un
altro talmente simile a lui da poter essere fratelli, invece si erano dati un
bacio da fidanzati e adesso si stavano avviando abbracciati verso l’uscita.
Sirio prese la maniglia del trolley e passò
il braccio attorno al fianco di Patricia.
«Stanca?»
«Oh, no. Tanta voglia for the sun… di sole… di mare. Subito,» si lasciò andare a una
risata, riversando indietro la testa.
La loro amicizia era nata in due poltrone
vicine del teatro dell’opera di Bologna, aveva raggiunto piena maturazione
nella camera 43 della pensione Vacanze
Felici di Cesenatico e si era conclusa nell’atrio partenze di quello stesso
aeroporto.
Raggiunsero la fedele Clio color melanzana di
Sirio.
«Oh, the
little city car,» esclamò la ragazza, e aggiunse, col suo entusiasmo
squisitamente yankee, «Oh yes, tutto muy bello, muy bello. Staremo assieme
giorno y noche.»
Continuava a confondere lo spagnolo con l’italiano,
ma Sirio evitò di correggerla.
«Purtroppo, per oggi pomeriggio, ho un
impegno,» dovette confessare.
«Oh…» fece lei con la voce delusa, «avevi
promesso.»
«Sì, è vero. Ma sai come succede… quelle
noiose convocazioni improvvise dei magistrati… la giudice Valtesi…»
«Una donna, dunque…»
«Già, una donna.»
«Giovane?»
«Beh, non vecchia…»
«Bella?»
«Direi di sì.»
«Più di me?» lei inclinò la testa, fissandolo
maliziosa da sott’in su.
«Oh
no, certo che no,» le sorrise, «ma si tratta del mio lavoro e non posso sottrarmi.
Comunque sarà una breve riunione. Tornerò presto e sarò tutto per te.»
3
La
camera 43 dell’hotel Vacanze Felici
aveva un piccolo balcone che affacciava verso il mare.
«Oh,
beautiful,» esclamò Patricia, sporgendosi dalla ringhiera.
Subito sotto di loro i villeggianti
affollavano la piscina, occupavano sdraio e lettini, sorseggiavano bibite e leggevano
libri; i bambini facevano tuffi, si inseguivano sull’erba. Poco più in là,
sulla strada, le automobili procedevano adagio, cercando parcheggio o
uscendone. I marciapiedi erano gremiti di ragazze in prendisole ridotti e di
giovanotti a torso nudo. Gli ombrelloni nel lido si protendevano fino al mare,
fitti e allineati come militari in parata. Frotte di bagnanti si crogiolavano lungo
il bagnasciuga. Riflessi di luce bianchissima baluginavano sulle increspature
dell’acqua e motoscafi scorrevano lenti, al largo, inseguiti da una scia
silenziosa. Dal campo di beach volley nell’arenile arrivavano a intermittenza
le incitazioni smorzate dei giocatori e dal chiosco dello stabilimento balneare
giungeva la musica di una canzone latinoamericana. Si udiva qualche
strombazzamento dalla strada e poi, sotto di loro, risuonavano il brusio
smorzato dei villeggianti e le grida festose dei ragazzini.
Patricia gli circondò le spalle con le
braccia e lo baciò.
«Gracias,»
gli sospirò sulla bocca.
Il solito problema della lingua, ma non era
il momento di sottilizzare. Sirio l’abbracciò. Tenendola stretta cominciò a
dirigersi verso il letto, ma lei, agitandogli l’indice davanti al naso, disse
sorridendo: «Non si può».
«Perché?»
«Your
judge friend is waiting for you… la tua amica giudice ti aspetta.»
La lasciò andare, a malincuore: «Hai ragione,
mi dispiace. Che farai?»
«Oh, non preoccuparti for me, starò benissimo… sea,
sun, mare, sole… ho tutto quello che voglio. Tu vai, vai pure a svolgere il
tuo lavoro di profiler.»
Gli
sembrò di sorprendere una luce maliziosa, mentre lo diceva.
4
Intorno
alle due di notte Sirio aprì con precauzione la porta della camera 43 e la
lasciò socchiusa. Il climatizzatore, sopra di lui, ronzava e spingeva sulle sue
spalle aria fresca. Col chiarore proveniente dal corridoio distinse l’ingresso
del bagno, proseguì sulla moquette e si sporse oltre lo spigolo del muro.
Patricia dormiva nella parte più distante del letto, il respiro regolare,
completamente nuda.
Gli dispiaceva svegliarla, così accese la
luce sullo specchio del bagno, richiuse in silenzio la porta verso il corridoio,
fece scorrere l’acqua nella vasca e si immerse. Abbassò le palpebre e appoggiò
la nuca contro il bordo. Il tepore dell’acqua era gradevole, rilassante.
“My love”, aveva esclamato
Patricia, quando l’aveva chiamata al telefono, nel pomeriggio, “sei di ritorno?”
“Purtroppo
no, ci sono stati degli sviluppi inattesi, non posso allontanarmi. Si tratta di
una inchiesta complessa, sai, magistrati, funzionari delle forze dell’ordine…
la commissario capo Ruggentini…”
“La commissario?” aveva sottolineato lei.
“Una
donna… sì. Ma vedrai, mi farò perdonare.”
“Non
importa”, si era ravvivata, “ti aspetterò sveglia.”
Le
aveva chiesto di non farlo, aveva insistito affinché andasse a dormire: era sicuramente
stanca per il viaggio, per la differenza del fuso orario, il jet lag…
“Mi troverai ad aspettarti, mi amor”,
era stata categorica lei.
Aveva
lasciato il rubinetto aperto, l’acqua gli lambiva le orecchie, percepì che Patricia
mormorava qualcosa, nel sonno, di là dalla parete sottile. Sirio aprì gli occhi
e attese di vederla entrare. Immaginò che lo fissasse con gli occhi assonnati e
gli dicesse mi amor, mentre scivolava
nell’acqua vicino a lui…
Ma non venne, e tornò ad abbassare le ciglia.
Uscì dalla vasca dopo un’altra mezz’ora, si
frizionò nell’accappatoio e andò a distendersi accanto a lei, che borbottò
qualcosa nel sonno e gli appoggiò il braccio sul petto; gli passò entrambe le
gambe sulle sue, bloccandolo; il respiro era caldo, i capelli profumati, la sua
nudità eccitante, ma continuava a dormire.
Gli dispiacque svegliarla.
Ammirò a lungo, con la poca luce che filtrava
dalla finestra, la piccola farfalla che svolazzava immobile accanto al
capezzolo della sua amica.
Prese
sonno molto… molto tempo dopo.
5
Svegliandosi,
non la trovò accanto a sé. La custodia del suo notebook giaceva sull’etagère,
aperta e vuota. Provò a chiamarla, ma il cellulare risultava irraggiungibile o
spento. Indossò dei calzoncini e una t-shirt e scese nella hall, ma la
receptionist non seppe dirgli dove fosse andata. Al bar non c’era, in piscina
nemmeno e al telefono la voce elettronica ripeteva la solita tiritera entusiasta:
“Non è raggiungibile…”
Sirio attraversò il lungomare ed entrò nello
stabilimento del lido.
Incrociò il suo sguardo quando sventolò la
mano verso di lui per richiamarne l’attenzione. Sedeva su un trespolo all’ombra
del gazebo incannucciato annesso al chiosco delle bibite. Sul tavolino erano
appoggiati il laptop col coperchio bianco rialzato e due bicchieri di liquido
arancione. Sullo sgabello accanto, di spalle, sedeva un tipo atletico in
canotta rosa shocking.
«Mi
amor, here I am... qui, sono qui...»
Li raggiunse e Patricia si protese per
baciarlo sulla bocca.
«Lui è Max. Pensa, l’avevo scambiato per uno
che si è imbarcato a Londra sul mio volo. Così l’ho chiamato… e mi ha raccontato
una storia incredibile,» disse, in inglese.
Il giovanotto atletico, una barbetta rasa che
Sirio aveva già visto, aveva negli occhi la stessa espressione di un cane
sgridato. Gli porse la mano, fece per alzarsi.
«Perdonatemi, tolgo il disturbo.»
Voce pacata, quasi musicale.
«Ma no,» Patricia lo trattenne per il polso,
«Sirio è un criminologo, potrà aiutarti.»
L’uomo sollevò il sopracciglio: «E come?
Ormai…»
«Il tuo amico londinese è sparito?» chiese
Sirio.
Patricia emise un gridolino eccitato: «Lo
vedi? Ti ha appena visto e già ha capito tutto».
«Ho solo fatto due più due. Avevo notato con
quanta trepidazione eri in attesa, al
gate degli arrivi internazionali, ieri mattina, e con quanto affetto hai
abbracciato il tuo amico. Adesso lui non è qui, tu hai quest’aria afflitta e
Patricia ha appena detto che posso aiutarti in qualità di profiler. Dunque,
vuoi raccontarmi cos’è accaduto esattamente?»
Patricia gli fece di sì con la testa. Sirio
accostò al tavolo uno sgabello e sedette, con un piede appoggiato sul traverso
e l’altro penzoloni.
Max esitava: «Come stavo raccontando a
Patricia… ho conosciuto Andy su una chat di incontri. Era così gentile… abbiamo
flirtato per qualche tempo sul web, poi abbiamo deciso che mi avrebbe raggiunto,
per una piccola vacanza assieme. Lui vive a Londra…»
Patricia, troppo eccitata per parlare in
italiano, si intromise d’impeto nella sua lingua: «È quanto gli aveva detto,
ma, a questo punto, c’è da credergli?» si era intromessa Patricia.
Sirio approfittò dell’interruzione per
chiedere: «Capiva l’italiano?»
«No, comunicavamo in inglese.»
«OK. Quindi?»
Max sospirò: «Ieri abbiamo trascorso una
giornata d’amore perfetta; poi, stamattina, mi sono svegliato con una emicrania
insopportabile e lui non era accanto a me. L’ho chiamato. Era sparito… e con
lui il mio braccialetto d’oro, i soldi che avevo nel portafogli, la carta di
credito e…»
«Pressoché tutti i risparmi sul conto
corrente,» finì Patricia per lui.
«Come c’è riuscito?»
«Ha eseguito un bonifico a proprio favore,
dal mio computer,» Max rispose a occhi bassi.
«Come ha potuto?»
«Nel portafogli conservavo un biglietto con i
codici per accedere all’internet banking. Forse ha utilizzato addirittura
l’applicazione installata sul mio smartphone, dopo avermi drogato col
sonnifero. Ho sporto denuncia, naturalmente. Che stupido sono stato… non
conosco nemmeno il suo cognome… il poliziotto mi guardava con un’espressione…»
Accasciato, scuoteva la testa.
«Non vi siete registrati, in albergo?»
«Io avevo già pernottato la notte precedente.
Avevo la chiave, così appena arrivati siamo saliti in camera. Nella hall c’era
un viavai indescrivibile, nessuno ha badato a noi.»
«Ed è sparito anche da quel sito di incontri…»
Sirio indicò il laptop di Patricia.
«Già!» confermò lei.
6
Sirio
conosceva le qualità informatiche della sua amica. Una sera dell’anno
precedente, mentre si trovavano a cena in un ristorante della riviera, si era
accorto di aver dimenticato in macchina lo smartphone. Quando era uscito a
prenderlo, il finestrino della Clio era stato trasformato in un tappeto di
schegge di cristallo sparse sul sedile e il cellulare era sparito. Ebbene,
Patricia era riuscita a intercettarlo con una delle sue applicazioni pirata e a
seguirlo. Avevano raggiunto il ladruncolo, un tossicomane giovanissimo di
scarsi cinquanta chili, e gli era stato facile farselo restituire.
«Fin dove puoi arrivare, con quello?» le chiese,
accennando al laptop bianco.
«In teoria, ovunque. Dipende da dove vuoi che
vada e da quanto tempo avrei a disposizione,» rispose lei, sempre nella sua
lingua.
«Hai ancora il numero del tuo volo?» le
chiese ancora.
«Ho il ticket sullo smartphone,» lo orientò
verso di lui per mostrarglielo.
«Molto bene. American Airlines, volo AA04365,
atterrato a Bologna alle ore dieci e trentacinque di ieri. Cerca la lista dei
passeggeri imbarcatisi a Londra.»
Patricia scosse la testa.
«Non è poco. Mi stai chiedendo di violare il
sito di una compagnia aerea, superare i blocchi di sicurezza e aggirare i vari firewall. Beh, potrei anche riuscirci,
ma non prima del prossimo Natale. Non avresti una domanda di riserva?»
Sirio si rivolse a Max: «Hai provveduto a
bloccare il conto corrente, immagino».
Il giovane aveva seguito quello scambio di
battute con la fronte corrucciata.
«Certo,» rispose, «e anche la carta di
credito.»
«Bene, se fornisci le coordinate bancarie a
Patricia, vediamo di scoprire dove si trova il bravo Andy, in questo momento.
Vero, Pat?»
«Questo è più facile,» si rivolse a Max, «sarà
come se tu avessi richiesto, in un qualsiasi sportello Bancomat, gli ultimi
movimenti della carta, qualche minuto prima del blocco.»
Cominciò a digitare sulla tastiera i dati che
le forniva.
«Ha speso poco più di duecento euro in un
negozio di calzature in via Robespierre, a Cesenatico…»
«È ancora qui?» si guardò alle spalle il
giovane, con gesto istintivo.
«C’era intorno alle nove.»
«Un momento, come conosceva il codice segreto
della carta?» chiese Sirio.
«Beh, deve averlo memorizzato mentre pagavo
il conto del ristorante, ieri a cena.»
Patricia riprese: «Poi ha pagato cinquanta
euro a una compagnia dei taxi.»
«Si è fatto portare in aeroporto?» chiese
Max.
«Forse… o forse no. Patricia, puoi
individuare quel tassì?» la pressò Sirio.
«Il nome della compagnia, appare sulla
ricevuta di pagamento. Le vetture sostano in una piazzetta a ridosso di via
Robespierre, che è qui vicino, mi dice la mappa. Vediamo se trovo un varco…»
continuava a percuotere i tasti a velocità iperbolica, «ecco, sono entrata nei
loro tracciati GPS. Dopo le nove si sono mosse
due macchine. Ho bisogno di incrociare un secondo dato. Max, qual è il numero
di telefono di Andy?»
«Lo ha spento. Ho provato a chiamarlo più
volte.»
«Era spento mentre provavi, riproviamo. Su,
dettamelo.»
Lui lo richiamò dalla rubrica e orientò lo
smartphone verso di lei, perché potesse leggerlo.
«Eccolo,» esclamò Patricia, dopo qualche
tentativo sulla tastiera del personal, «lo ha acceso per pochi minuti, verso le
dieci. Bingo! Taxi e smartphone si trovavano nel medesimo punto della E45.»
Sirio la incalzò: «La vettura, dimmi, ha
proseguito fino all’aeroporto?»
«Sì.»
«Ti dispiace dare un’occhiata alla partenza
del prossimo volo per Londra?»
«L’ho
già fatto io,» esclamò Max, «alle diciannove.»
7
Era
passato mezzogiorno. Gli ombrelloni formavano ombre dal cerchio quasi perfetto.
Sotto la tettoia annessa al chiosco delle bibite, giovani in bermuda colorati e
ragazze in bikini ordinavano panini e stappavano bottiglie di birra.
Sirio ragionava in fretta.
«Abbiamo poco tempo,» considerò.
«Per fare cosa?» chiesero, quasi assieme, gli
altri due.
«Per fermarlo.»
«Lo ritieni possibile?» domandò Patricia.
«Forse no, ma voglio provarci. Intanto… puoi
seguire il flusso del denaro uscito dal conto di Max e vedere dov’è finito?»
«Se conoscessi la sua identità e se
disponessi del tempo necessario, ci riuscirei. Al momento, per come stanno le
cose, sarebbe possibile soltanto alla sua banca o agli informatici della
polizia; ma, negli USA, questo è consentito
soltanto dietro ordinanza di un giudice. Qui da voi ritengo sia più o meno lo
stesso.»
Gli
informatici della polizia… un giudice…
Sirio inseguiva velocissimi pensieri.
Sotto gli sguardi accigliati degli altri due,
richiamò un numero dalla rubrica dello smartphone.
«Ah, Sirio!» rispose una voce femminile.
Patricia doveva averla sentita, perché fece
una smorfia da clown made in USA, sollevando gli occhi,
scuotendo la testa e fingendo di borbottare: Bo, bo, bo…
Lui la ignorò e si rivolse alla persona al
telefono: «Ah, commissario, avevi il mio numero nella memoria, vedo. Bene! Dovrei
rubare pochi minuti del tuo tempo…»
Gli fu necessario un buon quarto d’ora per
riferirle la disavventura del giovanotto in canotta rosa seduto sullo sgabello
accanto a lui.
«Sappiamo che il truffatore, che si faceva
chiamare Andy, in questo momento è in aeroporto e intende imbarcarsi per Londra
col prossimo volo. È l’ultima occasione che abbiamo di fermarlo e assicurarlo
alla giustizia.»
«Sirio,» disse la commissario Ruggentini,
«comprendo il tuo… chiamiamolo entusiasmo e voglio sorvolare sulle modalità
utilizzate per conoscere la posizione del presunto sospettato, però, mi insegni,
io non posso arrestare un cittadino, oltretutto uno straniero, a semplice
richiesta di chicchessia, sia pure un criminologo.»
Lui insistette: «Non potresti almeno
sollecitare la compagnia di volo a rivelarci la sua identità?»
La voce all’altro capo della linea divenne
impaziente: «Non vedo a che ti potrebbe servire… e poi, ti sembrano proposte da
fare a un commissario di polizia nell’esercizio delle proprie funzioni?»
Sirio ignorò l’eccezione e continuò a
insistere: «Però, se inseguendo il flusso del denaro trafugato si scoprisse che
è finito sul conto corrente di questo Andy, sarebbe una prova e si potrebbe procedere
al fermo.»
«Sarebbe una supposizione! Avvengono miliardi
di transazioni bancarie, in ogni momento, e non è detto che siano delle truffe.
Ti prego, non insistere, il tuo cliente ha sporto denuncia, la legge farà il
suo corso.»
La denuncia avrebbe solo fornito dati per
aggiornare statistiche, sapeva, ma tenne per sé questa considerazione e
aggiunse, con un tono carico di sottintesi:
«Potrei chiedere un favore alla giudice
Valtesi, in questo senso…?»
Ruggentini sbuffò apertamente: «Che posso
dirti? Fai come credi».
Riagganciò senza salutare.
Sirio sorrise.
«Adesso Marianna,» disse, come fra sé,
spostando il pollice sui tasti del cellulare.
Anche a lei riassunse la disavventura di Max
e le comunicò la propria intenzione di fermare Andy. Anche lei lo diffidò dal
prendere qualsiasi iniziativa, perché, ripetette più volte, agiva al di fuori
di qualsiasi prassi giuridica.
«Dovresti saperlo!» aveva riagganciato.
Anche lei senza un saluto.
«Are
you crazy?» esclamò Patricia, «sei impazzito? Come potevi sperare in una
risposta diversa?»
«Sapevo perfettamente cosa avrebbero
risposto, sia l’una che l’altra, ma lo scopo delle telefonate era tutt’altro.»
«E quale?» Patricia era perplessa.
«Lanciare un sasso nello stagno… sai, provoca
onde,» le sorrise, mostrando l’espressione più furbesca del proprio repertorio.
Max seguiva quei battibecchi senza capire.
«Sei pazzo,» ripeté la ragazza.
«È
tardi,» ignorò il commento, «e dovremo sbrigarcela da soli. Perciò mettiamoci
al lavoro, se vogliamo concludere questa faccenda entro le sette.»
8
Tutt’e
tre, cambiatisi d’abito in fretta, adesso correvano sulla E45 in
direzione dell’aeroporto di Bologna, stipati nella piccola utilitaria viola.
Sirio accennò, con un gesto della mano, al
personal che Patricia teneva appoggiato sulle ginocchia: «Attiva il tuo lancia
razzi».
«What?
Lancia… razzi?»
«So bene che nelle tue mani quel laptop può
trasformarsi in una rampa di lancio per testate nucleari,» le ammiccò.
«Ah, okay,
che vuoi che faccia?»
«Il nostro Andy ha acceso il cellulare per
pochi minuti, poi è tornato irraggiungibile e lo è tutt’ora, giusto?»
«È così,» confermò Max, dal sedile
posteriore.
«Se avesse sostituito la SIM,
tu, Patricia, tramite l’indirizzo IP del
cellulare, potresti risalire al nuovo numero?»
«Se ha fatto qualche telefonata, sì.»
«Allora procedi. L’ideale sarebbe di poter
entrare nel suo telefonino prima che lo spenga all’imbarco.»
La piccola Clio viaggiava al di sopra dei
limiti di velocità consentiti, il ticchettio dei tasti del personal sovrastava
il brontolio del motore e il fruscio dell’aria.
«Ci sono,» esultò Patricia, «sono nel suo smartphone.»
«Bene. Adesso, in inglese, invia questo sms
al nuovo numero di Andy: Caro Andy, le
scarpe che hai acquistato in via Robespierre, prima di salire sul tassì per
fuggire, non ti permetteranno di andare lontano. Il percorso dei trentamila
euro che hai trafugato dal conto corrente di Max, mi porterà fino a te. Sarò la
tua ombra. Ti aspettano solide manette e una cella con sbarre robuste.»
«Non capisco, ma okay…» maltrattò la tastiera.
«Molto bene. Adesso, tramite il GPS,
riesci a seguire i suoi spostamenti?»
«Ecco… yes…
lo vedo! Posso anche aumentare la
risoluzione e collocarlo nello spazio, se vuoi.»
«Certo. Dov’è?»
«È nell’atrio partenze.»
«Dobbiamo fare in modo che abbia
l’impressione di essere osservato.»
«Cos’è? Una tecnica di condizionamento, di
quelle che insegni nelle tue lezioni?»
Sirio, invece di rispondere, tornò a chiederle:
«Hai visto The Truman Show? Hai letto 1984
di Orwell? Nessuno può trovarsi a proprio agio in un reality che lo insegue a
tempo indeterminato. Soprattutto se ha la coscienza sporca».
«Del tipo: Il grande fratello incombe su di te?» Scherzò Patricia.
«Scriviglielo,» disse Sirio.
«Davvero?»
«Perché no. Deve sentirsi i nostri occhi
addosso, come se fossimo lì e potessimo scrutarlo.»
«Si sta spostando,» disse lei, «è nel bar
dell’aeroporto.»
«Scrivigli: Goditi questi ultimi momenti di libertà, fra poco l’unico caffè che
potrai bere ti sarà offerto dalle prigioni italiane.»
Patricia, concentrata, seguitava a percuotere
la tastiera.
«Okay,» ripetette, premendo il tasto di
invio.
«Puoi verificare se lo ha letto?»
«Li legge tutti subito. Me lo immagino… a
fissare incredulo il cellulare e a guardarsi attorno.»
«Non capisco,» giunse la voce di Max, dal
sedile posteriore, «cosa contate di ottenere?»
«Pressione psicologica. Continueremo a
bersagliarlo finché non saremo lì.»
«A quel punto?»
«Se conosco la natura umana, qualcosa
accadrà.»
«Si starà chiedendo chi siamo,» si intromise
Patricia, «forse starà immaginando che lo sorvegliamo tramite il circuito delle
telecamere. Starà cercando di capire se sia possibile.»
Tacquero per alcuni minuti. Nell’abitacolo
angusto rimase il fruscio monotono della velocità, accompagnato dal ticchettio
intermittente della tastiera.
«Ho reperito nel web una fotografia recente
dell’area ristoro,» disse la ragazza.
«Inviagli un sms come se ti trovassi sul
posto e potessi osservarlo.»
«Il
cartellone della pubblicità ti nasconde, ma so che sei lì... può andar
bene?»
«È perfetto. Invialo.»
«Pensate che potrei scrivergli dei messaggi
anche io?» chiese Max.
«Perché no. Bombardamento a tappeto!»
A Sirio sfuggì un risolino.
Continuarono a tartassare il nuovo numero di
Andy finché furono in vista delle luci dell’aeroporto.
«Patricia,» disse Sirio, «un ultimo messaggio
dal notebook: Non prenderai quel volo…
poi passa l’applicazione sul tuo smartphone.»
La Clio, senza rallentare, diresse verso gli
ingressi delle partenze internazionali.
Si bloccò in un’area destinata alla sosta dei
pullman e scese.
«Fatto,» disse Patricia, uscendo, «e adesso?»
«Vediamo di mantenere la promessa che gli
abbiamo appena fatto.»
Corsero
tutt’e tre verso l’atrio illuminato.
Mancavano due minuti all’apertura dei
cancelli d’imbarco. Sirio rilevò l’informazione sul tabellone luminoso e
attraversò l’atrio senza rallentare. Lunghe code di passeggeri affollavano il
banco del check-in e fu costretto ad aggirarle. Raggiunse il gate del volo per Londra e si fermò a osservare la fila in
attesa.
«Lo vedi?» chiese Patricia, raggiungendolo.
«No.»
«Eccolo,» ansimò Max, tendendo il braccio.
Il suo sosia aveva fatto capolino e li aveva
scorti. Era uno dei primi della fila. Si era ritratto.
Sirio afferrò Max per il gomito e lo sospinse
avanti, Patricia affrettò il passo, per rimanergli vicino. Le persone in
attesa, man mano che li notavano, si facevano da parte con espressioni
preoccupate.
Raggiunsero Andy, che rimase a fissarli
immobile, a occhi sbarrati.
«È lui?» chiese Sirio a Max, in inglese.
«Yes.»
«Deve venire con noi in commissariato,» gli
intimò, sempre in inglese.
L’altro alzò di scatto le mani in alto come
un militare che si arrende, mentre una voce femminile e autoritaria, alle spalle
di Sirio, di Patricia e di Max, scandiva, in un inglese scolastico ma
accettabile:
«Mister Andrew Hastings, da questa parte,
prego, dobbiamo eseguire dei controlli».
La
commissario Ruggentini, scortata da un agente in divisa, afferrò Andy per il
gomito e lo indusse a seguirla verso il posto di polizia dell’aeroporto.
9
Ruggentini
aveva chiesto a tutti e tre di aspettare in sala d’attesa. La giudice Valtesi fece
il suo ingresso poco dopo, assieme a un poliziotto. Gli occhi dardeggiavano
come lampi laser durante battaglie nella galassia.
«Sei un mascalzone, mi hai manipolata e hai
manipolato anche Ruggentini.»
Sirio sospirò: «Ho solo indicato a te e a lei
il percorso più breve per arrivare dal punto A al punto B. Per identificare
Andy prima che tornasse a Londra, non esisteva altro sistema che incrociare i
nominativi dei passeggeri sul volo con cui era arrivato con quelli dell’aereo
su cui stava per salire; per accertare che fosse lui il truffatore, era
necessario verificare a chi fosse stato accreditato il bonifico. Io ero
impossibilitato sia all’una che all’altra operazione, voi due avete potuto.»
Marianna tentennò il capo: «Hai voluto fare
di testa tua. Mi auguro si possa dimostrare la colpevolezza di quell’uomo, altrimenti…»
«Potrebbe denunciarmi per averlo diffamato?»
la prevenne Sirio, scegliendo la sua più genuina espressione da canaglia.
«Sì, questo,» confermò lei, scambiando con
Patricia un’occhiata carica di domande e delle relative risposte.
Sirio procedette alle presentazioni: «Lui è
Max, la vittima della truffa… Lei, una mia amica di New York…»
«Comunque, sei un furfante,» l’interruppe,
meno decisa, la giudice, prima di aggiungere, «vado a interrogare il fermato, voi
aspettate qui.»
Uscì
evitando di stringere mani, seguita dal poliziotto.
10
Oltre
i vetri della finestra che affacciava sulle piste di decollo dell’aeroporto,
era buio già da un pezzo. Nella luce grigia che pioveva dal soffitto a riquadri
bianchi, Sirio fissava le teste ciondoloni di Patricia e di Max, che
dormicchiavano sulle sedie a schiera, di fronte a lui. Dopo la mezzanotte c’era
stato un certo tafferuglio, quando dei poliziotti avevano trascinato per il
corridoio un ubriaco massiccio e violento. Erano accorsi altri agenti dagli
uffici, per dare manforte ai colleghi. Lo avevano sospinto verso qualche camera
di sicurezza.
Non
ricordava di essersi mai tirato indietro davanti a un’indagine e a volte si era
chiesto perché lo facesse e soprattutto se ne valesse la pena.
Conosceva
la risposta.
Qualsiasi indagine richiedeva dosi massicce
di tempo, caparbietà e costanza, per raggiungere un risultato concreto.
Migliaia di crimini, considerati minori, rimanevano impuniti, essenzialmente
perché nessuno poteva dedicare loro l’attenzione e la sollecitudine di cui
necessitavano. Una delle prime regole, scritta in neretto sul decalogo del buon
investigatore, recitava che le inchieste devono essere avviate il prima
possibile, poiché col tempo le tracce sbiadiscono fino a dissiparsi. Ebbene, sapeva
che senza il suo intervento le indagini di routine si sarebbero protratte per
mesi, l’identità di Andy sarebbe rimasta sconosciuta e il denaro non sarebbe
più stato recuperato.
Entrò la commissario Ruggentini.
Patricia e Max si riscossero, mentre diceva:
«Che gli avete fatto? Continua a ripetere che
le spie vogliono ucciderlo. Ci ha mostrato una serie di messaggi ricevuti sullo
smartphone,» sorrise, «posso desumere che siano opera vostra o devo avviare
indagini per scoprire da chi provenivano?»
Entrò anche la giudice Valtesi. Doveva aver
colto le ultime parole, perché disse:
«Quel ragazzo era terrorizzato. Sentirsi
l’alito del Grande fratello
perennemente sul collo… cos’è, una nuova forma di tortura?»
Sirio scosse la testa.
«Non potevo sapere se effettivamente voi due
sareste intervenute, dovevo renderlo malleabile quanto bastava da indurlo a
seguirci in commissariato.»
Marianna agitò la mano.
«Lasciamo correre, ha confessato. Ha riferito
dettagli su altre truffe, qui in Italia. Casi irrisolti che abbiamo recuperato
dall’archivio telematico. Le modalità erano più o meno le stesse, contattava le
vittime tramite dei siti social… maschi o femmine, per lui era indifferente,
quindi faceva in modo di farsi invitare, così come ha fatto in questa
occasione, infine arraffava quanto più poteva e spariva. A questo punto,» si
rivolse alla giovane vittima del raggiro, «dobbiamo procedere a un
riconoscimento ufficiale da parte di Max e a raccogliere le vostre testimonianze.
Dopo di che sarete liberi di tornarvene a casa.»
Fu necessaria un’altra ora, per il disbrigo
delle ultime formalità.
Intorno alle cinque del mattino Sirio e Patricia
raggiunsero la piccola Clio, che aspettava coperta di bruma nel parcheggio dei
pullman. Max aveva preferito rientrare in taxi, giudice e commissario con le
rispettive vetture di servizio.
Il traffico sulla E45 si limitava a qualche
autocarro e a poche automobili. Il flusso dei vacanzieri sarebbe iniziato di lì
a poche ore.
Il profilo della donna era un punto fermo,
rispetto al panorama che scorreva oltre il finestrino dalla sua parte. Provò un
crampo allo stomaco: era venuta dall’America espressamente per lui e lui
l’aveva trascurata e coinvolta in una avventura che non la riguardava.
Lei ruppe il silenzio
per chiedere:
«Avevi previsto tutto. La reazione di Andy,
l’intervento delle tue amiche commissario e giudice… tutto».
La sua faccia imbronciata gli causò
un’ulteriore stretta di rimorso.
«Beh, previsto… diciamo che ci contavo.»
«E mi hai indotta a fare l’hacker a tempo
pieno,» gli fece l’occhiolino.
Sirio cominciò a sperare.
«Sei un mostro e un pazzo,» esclamò Patricia.
Poi cominciò a ridere: «Il pazzo più geniale
che abbia mai incontrato».
Gli si gettò al collo per baciarlo.
La vetturetta viola sbandò più volte, prima
di rimettersi in carreggiata.
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