Intervista di Maria Guidi a Romano Greco
La
trovate sul sito:
https://consiglilibrosi.wordpress.com/2023/09/18/intervista-a-romano-greco-2/
18
settembre 2023
Romano
Greco, che abbiamo già avuto modo di conoscere qualche tempo fa (trovate la
precedente chiacchierata qui) ha pubblicato nel frattempo diversi nuovi
romanzi, sempre dedicati al criminologo Sirio.
Andiamo
a scoprire qualcosa di più.
Domanda:
Ciao Romano, è appena uscito il tuo nuovo romanzo, “Chi muore si salva”. Il
protagonista è il criminologo Sirio. Ci parli un po’ di lui e di questa nuova
avventura?
Risposta:
Sirio!
Tre
sillabe: Si-ri-o.
Cinque
lettere d’alfabeto, di cui, tre vocali e due consonanti.
Quasi
una simmetria, l’asse centrale fissato sulla R, affiancata dalle due I:
s-iRi-o.
La
parola si insinua, come un sussurro, come un sospiro, scorrendo semplicemente
sulla esse iniziale, si adagia sulla piccola I, la vocale minutina, piccina,
piccolina, che contrasta in maniera prepotente – quasi un ossimoro – con la
successiva R, la consonante rude, ridondante, roboante, quella che rotola nel
palato, che gonfia il petto mentre pronunci: “Riccardo cuor di Leone”!
La
I successiva stempera il suono della voce, le dà musicalità, si pospone per
blandirla e fa da anello di congiunzione con la O in chiusura di parola,
l’anello finale della catena, il lucchetto serrato.
La
scelta del nome, per il proprio personaggio principale, è importante, ne
converrete. Basti pensare alla cura di Svevo nello scegliere “Zeno” per il suo
protagonista (l’ultima consonante dell’alfabeto, contrapposta alla prima
vocale, la A di Ada, Alberta e Augusta, le coprotagoniste femminili) o a Salvo
e Augello di Camilleri (il riassunto, in una sola parola, del carattere
dell’uno e dell’altro). Per il mio eroe volevo un nome inusuale, non scontato.
Ho trascorso ore a sfogliare siti internet alla ricerca di quello giusto e li
ho scartati tutti.
“Sirio”
è arrivato per caso, forse al risveglio. È il nome di una stella e, che io
sappia, nessuna persona si chiama così.
Criminologo!
Volevo
un personaggio originale. Basta commissari, marescialli, preti e pensionati
molto bravi a dipanare matasse per venire a capo di esecrabili delitti. Anche
questo aspetto mi ha tenuto in sospeso per diverso tempo, poi, scorrendo
l’immancabile Internet, ho scoperto che Forlì è sede di una prestigiosa facoltà
di Criminologia. Incredibilmente nessun investigatore dei romanzi, a mia
memoria, era un criminologo!
Giunti
a questo punto, però, mancava ancora qualcosa, una descrizione fisica, una
fotografia, per così dire, nonché un modus
cogitandi, una personalità, delle caratteristiche peculiari che lo
rendessero unico. Doveva essere perspicace, acuto e intuitivo almeno quanto
Holmes, questo era inevitabile. Eroico, anche, ma di un eroismo nostrano, non
un Rambo ammazzasette all’americana. Insomma un personaggio realistico, o
almeno verosimile. Fisicamente immaginavo un trentasettenne intorno al metro e
ottanta, castano chiaro, sui settantacinque chili di peso. La descrizione
fisica di molti uomini che puoi incontrare per la strada, a dire il vero, con l’unica
caratteristica specifica del naso schiacciato, ricordo di un pugno ricevuto
nell’adolescenza da un rivale geloso.
Ora,
prima di passare al mio ultimo romanzo “Chi muore si salva”, è necessaria
qualche premessa relativa alla costruzione della trama.
Per
i vari commissari Maigret, tenenti Colombo e marescialli Rocca è abbastanza
scontato che vengano coinvolti nelle indagini afferenti un omicidio. La
difficoltà sorge per un personaggio come Sirio, che in definitiva è soltanto un
docente in criminologia. Può essere chiamato dagli inquirenti in qualità di
profiler, poi, esperita la consulenza, l’inchiesta torna nella competenza degli
investigatori istituzionali.
Insomma,
l’autore deve escogitare sempre nuovi espedienti per fargli avviare, svolgere e
portare a compimento un’indagine.
In
“Chi muore si salva”, il sesto romanzo della serie, tutto ha inizio nel momento
in cui Marianna, giudice al primo incarico e amica di vecchia data del nostro
protagonista, si trova nella situazione di dover emettere una sentenza di
colpevolezza a carico di un pensionato che, non avendo rispettato il semaforo
rosso e malgrado non ci sia stato l’impatto fra i veicoli, è imputato di aver
provocato la morte di un motociclista.
Nel
visionare al rallentatore le immagini di una telecamera stradale però, la
giudice nota che il centauro aveva abbandonato il manubrio e riversato indietro
la testa in una maniera innaturale ancor prima di arrivare all’altezza
dell’incrocio. Non le sembra la reazione istintiva di chi cerchi di evitare un
ostacolo imprevisto, quanto piuttosto la caduta incontrollata di una persona
raggiunta da un colpo di fucile. Allorché tenta di approfondire, scopre che il
corpo della vittima è stato cremato, il casco smaltito in discarica e la
motocicletta rottamata, come se una regia occulta si fosse preoccupata di
eliminare qualsiasi possibilità di verifica postuma sul corpo e sugli altri
elementi di indagine. Una serie di circostanze inquietanti, dunque, che lei non
può ignorare, tanto più che Marco, l’uomo deceduto, era stato un suo amore
adolescenziale e faceva parte del mondo della malavita.
D:
In meno di un anno hai pubblicato ben tre libri: “La vittima”, “Il terzo
movente” e “Chi muore si salva”. Come ci sei riuscito?
R:
Se, come dice Calvino, “la fantasia è un posto dove ci piove dentro” la mia
deve essere priva di qualsiasi riparo o copertura e deve trovarsi sotto un
acquazzone. A volte basta una parola o una frase per scatenare immagini in
successione.
“La
vittima”. Riporto quale sia stato il percorso mentale per costruire la trama.
Partendo dal presupposto (del tutto mio, non l’ho letto da nessuna parte) che
Moravia cogliesse ispirazione da una parola (noia, disobbedienza, indifferenza,
disprezzo, disperazione) e traslando l’idea nell’ambito del poliziesco avrei
potuto scegliere “movente”, “testimone”, “arma del delitto”… ho scelto
“vittima”. A questo punto è subentrato Poirot, in quanto protagonista de
“Assassinio sull’Orient Express”, dove la vittima…
Non
posso aggiungere altro! Premesso che a parte lo “spunto” per mettere in moto la
mia trama non ci sono analogie fra i due libri, devo fermarmi qui. Se siete
curiosi di sapere il come e il perché non vi rimane che leggere il libro.
“Il
terzo movente”. Può valere lo stesso discorso, tutto parte dalla parola
“movente”, ma, ragionando sulla trama, mi sono ritrovato a dover scegliere fra
due moventi per così dire canonici: Amore
e avidità, oppure, se preferite, sesso e soldi! Ma, a ben vedere, la trama
di qualsiasi giallo, poliziesco o thriller che dir si voglia – e anche della
maggior parte dei romanzi, in verità – si basa su uno dei due. Ecco allora che
un rovescio improvviso di pioggia ha irrorato la mia fantasia, indirizzandola a
immaginare un… terzo movente.
“Chi
muore si salva”. Ne ho già accennato nella risposta precedente. Qui vorrei
aggiungere solo una curiosità. All’inizio, nelle mie intenzioni, il romanzo si
sarebbe dovuto intitolare Il calderone
del diavolo, inducendo per vie subliminali l’immagine di un liquido scuro,
viscoso e putrido in cui rimestare in cerca di verità; cosa che in effetti,
fuori metafora, regolarmente avviene nel libro. Poi, a metà stesura, pur
essendo consapevole che si tratta di una contraddizione in termini, ho deciso
di cambiarlo in “Chi muore si salva”. Leggendolo ne capirete il motivo.
D:
Stai già lavorando a qualcosa di nuovo? Sarà sempre Sirio il protagonista?
R:
Ho iniziato un altro romanzo. Sempre Sirio! Il titolo, al momento, è “Violenza
privata”. L’ispirazione, al contrario degli esempi precedenti, mi è stata
fornita da due eventi di cronaca (molto raccapriccianti) di questi ultimi
giorni. Il venirne a conoscenza, mi ha indotto due immediate considerazioni.
Prima, come diceva Pirandello a proposito del suo “Il fu Mattia Pascal”, è che
la realtà supera sempre la più sfrenata fantasia. La seconda è se la
letteratura (con ciò intendendo non solo l’editoria ma anche la cinematografia)
fomenti o sia uno specchio della violenza, insomma: chi emula chi? A meno che
non si tratti di un circolo vizioso in cui l’una si alimenta dell’altra.
Comunque, per quanto mi riguarda, immagino che nessun criminale sia mai stato
fomentato dai cattivi assassini inventati da Agatha Christie, da Simenon o da Poe.
Tanto meno dai miei.
D:
Finora hai scritto gialli e thriller. C’è un genere a cui vorresti
approcciarti, ma che non hai ancora avuto modo di affrontare?
R:
Ho già avuto occasione di dire, proprio nel corso della tua precedente
intervista del 21 settembre 2021 (già due anni!) che ho amato Pirandello,
Moravia, Kundera e tanti altri. Ebbene, ho sempre desiderato di scrivere almeno
una storia come una delle loro. Sì, ci ho pensato, ci penso, chi sa?
D:
Che cosa fa Romano quando non scrive? Quali altre passioni hai?
R: Da 72 anni mi sforzo di
dare ordine alle mie giornate. Alzarsi presto, colazione, scrivere per almeno
tre ore, pranzare senza appesantirmi, una passeggiata, lettura, dedicare
qualche ora ai miei figli e ai nipotini, frequentare una palestra eccetera. Alla
fine faccio tutto questo, ma in maniera altamente caotica e casuale.
Ringrazio
Romano per la sua disponibilità; vi ricordo che potete trovarlo sul suo blog,
mentre i suoi romanzi sono disponibili su Amazon.
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