venerdì 20 giugno 2025

Cosa non avvenne quel sabato notte - Racconto

 

 

 


 

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COSA NON AVVENNE QUEL SABATO NOTTE

 

Sapete quelle giornate in cui tutto è andato storto e ti ritrovi a sera con la voglia o di assassinare qualcuno o di buttarti a far notte per non pensarci? Era una di quelle!

Alle cinque mi aveva svegliato Sorcione, il capo reparto del forno quattro; alle cinque di mattina, dico, di sabato!

Sorcione si chiama Alessandro Spannaretti, nome troppo lungo, per cominciare; ha i denti sporgenti e il muso allungato in avanti come i topi… come un sorcio, dicono qui a Roma.

Insomma mi sveglia stamattina alle cinque e mi fa, lindo lindo: «Erma’ il forno quattro si è spento».

Avevo ancora gli occhi chiusi: «Come spento!?»

«Spento smorzato morto kaput!»

Ho cominciato a capire: «E i tecnici del pronto intervento?»

«Venuti. Sono davanti alla bocca a grattarsi la testa, non ci capiscono niente!»

La Bocca è l’apertura per alimentarlo. Siccome funziona ad energia elettrica ho chiesto:

«E gli elettricisti?»

«Hanno guardato quadri, circuiti, cablaggi. Tutto! Adesso stanno a grattarsi la testa assieme agli altri.»

Ero quasi sveglio: «E il funzionario reperibile?»

«All’ospedale, appendicite. È stata l’attrippata di trippa di ieri sera, così ha detto la moglie. A quest’ora sarà in sala operatoria… non penso che viene qui.»

Scherzava lui, io ero nel panico.

Infatti…

«Ho una chiamata di Santoricco, in attesa, lo sento e ti richiamo.»

Santoricco è il responsabile della produzione, quello che conta i centesimi. Gli tagliano la testa se gli utili calano. E, se dio non voglia la produzione si ferma e gli utili calano, la testa che cade prima della sua è attaccata al mio collo.

Chiaro, no? Ecco perché sudavo freddo.

Commuto sulla chiamata in arrivo col pollice che trema.

«Sei già uscito? Ci vediamo lì,» fa lui, e chiude.

Ho infilato i calzoni sopra al pigiama e ho dimenticato di lavarmi la faccia.

Percorro la Pontina a centoventi e all’inferno gli autovelox. Nel parcheggio aziendale la sua macchina non c’è e questo mi dà qualche momento di respiro.

Raggiungo Sorcione davanti alla bocca del forno. È al centro del gruppo e sbraita contro tutti. Anche la sua testa è instabile, se non risolviamo alla svelta.

«Che si fa?» dice lui.

In macchina mi son fatto un piano d’azione, potremmo discuterne, io, lui e i due del pronto intervento tecnico, se avessimo cinque minuti. Ma non li abbiamo. La BMW di Santoricco inchioda davanti al portone, lui entra come un carrarmato. È un bisonte alto un metro e novanta per centoventi chili di peso. Con quattro falcate che fanno tremare il capannone ci raggiunge. Io, Spannaretti e gli altri, tutti muti.

«Ancora spento?» l’eruzione del terribile Sakurajima fa meno rimbombo.

Sorcione balbetta qualcosa, gli altri si agitano, ma lui guarda me.

«Sono appena arrivato. Ci mettiamo subito al lavoro. Entro un’ora risolviamo.»

«Ti do mezz’ora,» fa lui, puntandomi contro l’indice.

Per fortuna se ne va verso la palazzina degli uffici. Provo subito un senso di sollievo, appena esce, come se ci fosse più spazio, più aria respirabile.

Raduno l’élite dei tecnici e ci chiudiamo nello stanzino che serve a Sorcione per compilare i moduli della burocrazia aziendale.

Loro mi fissano, tocca a me.

«Dunque,» dico, «è capitato un caso analogo dove lavoravo prima, su a Milano. Ho chiamato un amico di lì. Pare che sia un difetto dei forni della generazione del nostro, se si forma una microfessura nel mantello, e con gli anni può succedere, la temperatura sale nelle asole di raffreddamento e si attiva un sistema di sicurezza che blocca tutto.»

«Ma sul manuale di manutenzione, c’è? Io non l’ho visto mai,» obietta Pangrilli, il capotecnico del pronto intervento.

«Forse il manuale è vecchio, forse non è spiegato bene e forse non c’è. Inutile rimuginarci sopra. Quelli di Milano, a suo tempo, risolvettero il problema coinvolgendo gli impiantisti della casa costruttrice. Il mio amico mi ha passato il numero e li ho chiamati. In aereo, entro tre ore, sono qui.»

«È già un’ora che è spento,» dice Arnisano, l’elettricista capo.

«E Santoricco ti ha dato mezz’ora,» rincara Spannaretti.

«Mezz’ora per trovare la soluzione,» faccio io, «poi i tempi di lavorazione sono quelli che sono.»

«E le spese?» storce il naso Sorcione.

«Problema suo,» faccio la voce dura, «noi siamo la squadra tecnica.»

Loro alzano le spalle.

«Che facciamo?» chiede Arnisano, mentre gli altri mi fissano in attesa.

«Rimanete nei paraggi, è chiaro. E verificate il magazzino, se quelli di Milano avessero bisogno di pezzi di ricambio, meglio averli a portata di mano.»

Mi avvio verso gli uffici, meno sicuro di come ho dato a vedere.

«Allora?» ruggisce Santoricco.

È dietro la scrivania e figurati se si alza.

Ripeto anche a lui tutta la filastrocca sulla squadra di Milano. Lui continua a fare di no con la testa.

«Costi?» grugnisce.

Prendo aria.

Qui ci vuole diplomazia, se vuoi conservare la testa sulle spalle e il posto di lavoro – che poi al momento è la stessa cosa. Questo considero.

«Oh, l’alternativa sarebbe un forno nuovo.»

«Non se ne parla nemmeno,» si batte un gran pugno sulla coscia.

«Ecco, appunto, quello che pensavo pure io,» dico, come se l’idea fosse sua.

Lui scuote la testa, amareggiato, facendo oscillare la pelle sotto il mento.

«È una decisone che devo condividere,» indica il soffitto.

Dio? Ma no, qualche gradino più giù, ma nemmeno troppi!

 

 

Il seguito? Appena lo pubblico vi informo tramite social,  intanto leggete qualcos'altro, non manca da leggere, qui.

😁 

 

 

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