martedì 24 giugno 2025

Una collina sospesa - Racconto



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UNA COLLINA SOSPESA

Avevamo viaggiato tutta la notte ed eravamo arrivati col buio. Impazienti c’eravamo amati per ore. Poi, al mattino, appena ho spinto le persiane, il giorno è dilagato nella stanza.

«Finalmente il giorno,» ho detto a Nanni, che stava ancora a letto.

L’azzurro del mare ammiccava guizzi di luce lontana, riflessi bianchi di luce fra gli infiniti toni di azzurro. Più prossime, sotto la finestra dell’albergo, le cime spinose dei pini oscillavano sopra i tetti in declivio. Fili di nubi stazionavano fra terra e cielo, sospese come un’attesa. Rondini si rincorrevano giocando con l’aria e precipitando tra i vicoli.

«Che meraviglia, Nanni, vieni a vedere.»

Lui mi fissava con quell’ammirazione che rende una donna felice.

«Torna qui,» ha toccato il lenzuolo accanto a sé.

Sono andata a sdraiarmi vicino a lui. Mi ha passato il braccio dietro il collo e mi ha baciata sulla fronte. Sulle pareti e il soffitto l’ombra chiara dei pini e riflessi di vetri chi sa quanto distanti producevano movimenti incostanti di un chiarore impalpabile. Siamo rimasti supini a fissare oltre il soffitto, con le teste che si toccavano, i capelli confusi. Da fuori veniva una nostalgia di fisarmonica e la risacca del mare, e richiami offuscati di ragazzini lontani.

Ho sospirato.

«Si potesse restare così per sempre, io e te da soli, in un guscio tutto nostro. A lui non voglio male, e non vorrei mai fargli del male, perché non se lo merita, ma con te è un amore diverso».

Accanto a me, Nanni ha avuto come un fremito immobile, quella ribellione nascosta che percepisci.

«Non ci pensare,» ha detto, «non lasciargli spazio fra noi. Conta solo che stiamo insieme.»

È rimasto in silenzio qualche secondo poi si è riscosso. Lui era fatto così, questo mi piaceva di lui. Si è sollevato sul gomito e mi ha fissata con quell’intensità che mi dava le vertigini.

«Voglio una giornata memorabile, oggi, per noi.»

Gli ho sorriso: «Okay… e allora dimmi, che vuoi fare?»

«È quasi mezzogiorno. Subito abbondante colazione in compagnia della donna che amo, poi… visto che proprio devi, tu violino…»

«Siamo qui per questo, no? Tu, invece?»

«Io? tela e pennelli.»

«Dove?» gli ho chiesto.

«Forse qui. Soggetto, una musicista bellissima che suona il suo violino. O forse fuori. Non so ancora.»

«Fuori è un incanto, devi vedere. Ieri, col buio, chi l’immaginava.»

Gli ho appoggiato la testa sul petto, ho assaporato il profumo della sua pelle. Da quanto sognavo di stare così con lui. All’improvviso ho pensato che fino ad allora, senza saperlo, avevo vissuto unicamente in funzione di quel momento.

Nanni si è girato per baciarmi. E mentre mi baciava, donne hanno preso a cantare, con voce acuta in un dialetto gutturale, sulle note della fisarmonica. Qualcuno le accompagnava battendo le mani e qualcun altro rideva.

Mi è venuto da ridere nella sua bocca e lui si è staccato.

Mi fissava stordito.

«Scusa,» gli ho detto, «deformazione professionale, ascoltavo l’armonico disaccordo del concertino là fuori.»

«Beh,» ha detto lui, alzandosi, «devo fare la solita telefonata di routine, il mio piccolo dovere coniugale...




Il seguito? Appena lo pubblico vi informo tramite social,  intanto leggete qualcos'altro, non manca da leggere, qui.

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