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COSA NON AVVENNE
QUEL SABATO NOTTE
Sapete quelle giornate in
cui tutto è andato storto e ti ritrovi a sera con la
voglia o di assassinare qualcuno o di buttarti a far notte per non pensarci?
Era una di quelle!
Alle cinque mi aveva svegliato
Sorcione, il capo reparto del forno quattro; alle cinque di mattina, dico, di
sabato!
Sorcione si chiama Alessandro Spannaretti,
nome troppo lungo, per cominciare; ha i denti sporgenti e il muso allungato in
avanti come i topi… come un sorcio, dicono qui a Roma.
Insomma mi sveglia stamattina alle cinque
e mi fa, lindo lindo: «Erma’ il forno quattro si è spento».
Avevo ancora gli occhi chiusi: «Come
spento!?»
«Spento smorzato morto kaput!»
Ho cominciato a capire: «E i tecnici
del pronto intervento?»
«Venuti. Sono davanti alla bocca
a grattarsi la testa, non ci capiscono niente!»
La Bocca è l’apertura per
alimentarlo. Siccome funziona ad energia elettrica ho chiesto:
«E gli elettricisti?»
«Hanno guardato quadri, circuiti,
cablaggi. Tutto! Adesso stanno a grattarsi la testa assieme agli altri.»
Ero quasi sveglio: «E il funzionario
reperibile?»
«All’ospedale, appendicite. È stata l’attrippata
di trippa di ieri sera, così ha detto la moglie. A quest’ora sarà in sala
operatoria… non penso che viene qui.»
Scherzava lui, io ero nel panico.
Infatti…
«Ho una chiamata di Santoricco, in
attesa, lo sento e ti richiamo.»
Santoricco è il responsabile della
produzione, quello che conta i centesimi. Gli tagliano la testa se gli utili
calano. E, se dio non voglia la produzione si ferma e gli utili calano, la
testa che cade prima della sua è attaccata al mio collo.
Chiaro, no? Ecco perché sudavo freddo.
Commuto sulla chiamata in arrivo col
pollice che trema.
«Sei già uscito? Ci vediamo lì,» fa
lui, e chiude.
Ho infilato i calzoni sopra al pigiama
e ho dimenticato di lavarmi la faccia.
Percorro la Pontina a centoventi e
all’inferno gli autovelox. Nel parcheggio aziendale la sua macchina non c’è e
questo mi dà qualche momento di respiro.
Raggiungo Sorcione davanti alla bocca
del forno. È al centro del gruppo e sbraita contro tutti. Anche la sua testa è
instabile, se non risolviamo alla svelta.
«Che si fa?» dice lui.
In macchina mi son fatto un piano
d’azione, potremmo discuterne, io, lui e i due del pronto intervento tecnico,
se avessimo cinque minuti. Ma non li abbiamo. La BMW di Santoricco inchioda
davanti al portone, lui entra come un carrarmato. È un bisonte alto un metro e
novanta per centoventi chili di peso. Con quattro falcate che fanno tremare il
capannone ci raggiunge. Io, Spannaretti e gli altri, tutti muti.
«Ancora spento?» l’eruzione del
terribile Sakurajima fa meno rimbombo.
Sorcione balbetta qualcosa, gli altri
si agitano, ma lui guarda me.
«Sono appena arrivato. Ci mettiamo
subito al lavoro. Entro un’ora risolviamo.»
«Ti do mezz’ora,» fa lui, puntandomi
contro l’indice.
Per fortuna se ne va verso la
palazzina degli uffici. Provo subito un senso di sollievo, appena esce, come se
ci fosse più spazio, più aria respirabile.
Raduno l’élite dei tecnici e ci
chiudiamo nello stanzino che serve a Sorcione per compilare i moduli della
burocrazia aziendale.
Loro mi fissano, tocca a me.
«Dunque,» dico, «è capitato un caso
analogo dove lavoravo prima, su a Milano. Ho chiamato un amico di lì. Pare che
sia un difetto dei forni della generazione del nostro, se si forma una
microfessura nel mantello, e con gli anni può succedere, la temperatura sale
nelle asole di raffreddamento e si attiva un sistema di sicurezza che blocca
tutto.»
«Ma sul manuale di manutenzione, c’è?
Io non l’ho visto mai,» obietta Pangrilli, il capotecnico del pronto
intervento.
«Forse il manuale è vecchio, forse non
è spiegato bene e forse non c’è. Inutile rimuginarci sopra. Quelli di Milano, a
suo tempo, risolvettero il problema coinvolgendo gli impiantisti della casa
costruttrice. Il mio amico mi ha passato il numero e li ho chiamati. In aereo,
entro tre ore, sono qui.»
«È già un’ora che è spento,» dice Arnisano,
l’elettricista capo.
«E Santoricco ti ha dato mezz’ora,»
rincara Spannaretti.
«Mezz’ora per trovare la soluzione,»
faccio io, «poi i tempi di lavorazione sono quelli che sono.»
«E le spese?» storce il naso Sorcione.
«Problema suo,» faccio la voce dura,
«noi siamo la squadra tecnica.»
Loro alzano le spalle.
«Che facciamo?» chiede Arnisano, mentre
gli altri mi fissano in attesa.
«Rimanete nei paraggi, è chiaro. E
verificate il magazzino, se quelli di Milano avessero bisogno di pezzi di
ricambio, meglio averli a portata di mano.»
Mi avvio verso gli uffici, meno sicuro
di come ho dato a vedere.
«Allora?» ruggisce Santoricco.
È dietro la scrivania e figurati se si
alza.
Ripeto anche a lui tutta la
filastrocca sulla squadra di Milano. Lui continua a fare di no con la testa.
«Costi?» grugnisce.
Prendo aria.
Qui ci vuole diplomazia, se vuoi
conservare la testa sulle spalle e il posto di lavoro – che poi al momento è la
stessa cosa. Questo considero.
«Oh, l’alternativa sarebbe un forno
nuovo.»
«Non se ne parla nemmeno,» si batte un
gran pugno sulla coscia.
«Ecco, appunto, quello che pensavo
pure io,» dico, come se l’idea fosse sua.
Lui scuote la testa, amareggiato,
facendo oscillare la pelle sotto il mento.
«È una decisone che devo condividere,»
indica il soffitto.
Dio? Ma no, qualche gradino più giù,
ma nemmeno troppi!
Il seguito? Appena lo pubblico vi informo tramite social, intanto leggete qualcos'altro, non manca da leggere, qui.
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